Il Sole di Austerlitz | Recensione

Pubblicato il 30 Dicembre 2017 alle 10:00

Un torrente di uomini scorre inesorabile… verso la sconfitta!

Dopo aver vissuto le campagne di conquista romane il mese scorso con La Pioggia di Alesia – la nostra recensione qui – la collana storica tutta italiana di Editoriale Cosmo, Un Eroe Una Battaglia, ci porta nel cuore dell’Europa del XIX secolo e più precisamente durante le guerre napoleoniche.

Con Il Sole di Austerlitz riviviamo l’omonima battaglia, detta anche dei tre imperatori, la quale è passata alla storia come il più grande successo raggiunto da Napoleone nella sua carriera militare e ha assunto una statura quasi mitica nell’epopea napoleonica.

La battaglia che vide truppe francesi da un lato e russo-austriaci dall’altro è “narrata” attraverso due tiratori Jean e Gabriel animati da quelli che sono gli ideali della Rivoluzione Francese di cui Napoleone è ritenuto il naturale erede, le sue battaglie infatti sono vissute come necessarie per abbattere  quel “ancien règime” che agli occhi dei francesi bisognava estirpare in tutta Europa.

La battaglia allora è vissuta in tutto il suo impeto dai soldati francesi che con in loro entusiasmo vi si gettano a capofitto respingendo gli assalti dei nemici. Saranno gli stessi soldati a vivere drammaticamente la finezza tattica di Napoleone: dopo aver indebolito deliberatamente il fianco destro l’Imperatore infatti punterà dritto al centro dello schieramento russo-austriaco ottenendo la vittoria, vittoria che fra le altre cose mutò gli assetti geografici dell’Europa e pochi mesi dopo sancì la fine del Sacro Romano Impero.

Il cuore tematico de Il Sole di Austerlitz è quindi palese ed idealmente si collega all’albo precedente: con il passare delle pagine, e l’inasprirsi del conflitto, infatti la distanza fra soldati e generali si acuisce sempre di più. Quello che inizialmente sembrava uno sforzo congiunto mosso dai più nobili sentimenti – esplicativo in tal senso è la citazione da parte di Jean proprio del discorso con cui Napoleone arringa le truppe confermando che qualora ce ne fosse bisogno sarebbe stato lui stesso a scendere in campo – inizia a sbilanciarsi a sfavore di chi sul campo sta vivendo attimi di assoluta brutalità.

L’ingresso in scena di Napoleone non fa che aumentare questo senso di “separazione”: l’Imperatore è sicuro della propria tattica, ha previsto tutto anche le eventuali perdite ma non è tanto la lungimiranza a sorprendere il giovane fuciliere giunto al suo cospetto per avvertirlo delle difficoltà sul fianco destro quanto piuttosto la sua spietatezza. Alla fine della battaglia infatti il condottiero sembra impartire una severa lezione a Jean ovvero che tutti i soldati, anche quelli sconfitti, sono uomini ma l’albo si concluderà sovvertendo senza remore questo assunto.

Le lunghe sequenze ambientate sul campo di battaglia che costituiscono la spina dorsale dell’albo assumono allora una valenza terribile: la guerra è combattuta da uomini, soldati spinta dai più nobili ideali, ma è “decisa” da uomini che vi operano ai margini le cui decisioni sono lucidamente calcolate e spersonalizzanti.

A curare i testi ci sono Giulio A.Gualtieri e Romolo Pesolillo i quali preferiscono un approccio essenziale con molte pagine lasciate prive di dialoghi mostrando tutta la ferocia della battaglia ed i suoi protagonisti. Essenziale non significa però priva di mordente anzi, soprattutto la figura di Napoleone è tratteggiata sapientemente attraverso poche ma efficaci battute mentre, come sempre, la perizia storica, sia in termini di ricostruzione che di atmosfere, è caratteristica principale del soggetto e della sceneggiatura.

Matteo “Babbyan” Bellisario cura la parte grafica dell’albo il quale sfoggia un ottimo tratto stilizzato che utilizza il bianco e nero per scavare proprio le figure nel nero rendendole vibranti. Ottima la costruzione della tavola che pur dovendo affrontare la sfida del formato pocket sfrutta alcune interessanti soluzioni verticali dando un così una certa concitazione alla narrazione. Davvero un’ottima prova del disegnatore che sarebbe interessante vedere all’opera magari con una maggiore libertà in termini di formato.

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