Desert Route di Matteuzzi, Sada e Canova | Recensione

Pubblicato il 14 Dicembre 2017 alle 17:00

Alla ricerca della libertà dispersa in mezzo al deserto.

Si inizia da Tripoli, per viaggiare lungo il deserto al fine di arrivare alla frontiera. Un uomo e una donna immersi nella guerra, armati di giustizia nei confronti degli innocenti, difendendo la libertà di vivere. Un disertore e una giornalista si incamminano nel deserto africano per raggiungere la Turchia e uscire dallo schiaffo dell’esercito libico. Lungo la fuga, incappano in vari personaggi che mettono alla prova la loro umanità e i loro sentimenti, ricordando al lettore che anche in mezzo alla guerra siamo tutti figli di un dio che viene sempre chiamato in modi e nomi diversi.

Un ragazzino da poco orfano, il popolo dei tuareg, civili che pagano fior di soldi per un futuro migliore in Europa: questi sono alcuni dei personaggi che Fuad e Angelique incrociano lungo la loro fuga in Desert Route.

La scommessa di Renbooks di ottenere un fumetto d’autore da giovani promesse è ampiamente vinta. Desert Route ha tutte le carte per essere un fumetto d’autore, senza scontentare alcun tipo di lettore. C’è denuncia sociale, Storia contemporanea, sesso, amore, buoni sentimenti, cazzotti, esplosioni e uomini spregiudicati ai limiti dei diritti umani. Si rimane sorpresi della versatilità dei due protagonisti (Fuad e Angelique), che si scambiano i ruoli all’interno della narrazione senza sembrare ridicoli.

Francesco Matteuzzi, giornalista, ha già esperienze nel campo della sceneggiatura, e si vede. In passato ha pubblicato per Beccogiallo i graphic novel Anna Politkovskaja e Philip K. Dick, oltre ad aver collaborato in alcuni episodi di L’Insonne e Dampyr. La struttura narrativa delle vignette si incastona perfettamente con gli avvenimenti narrati. Fluida e piacevole, la storia scorre tra i sei capitoli del libro. C’è anche l’intermezzo fiabesco, posizionato come un Amore e Psiche di apuleiana memoria. Qui si nota un cambio stilistico riguardo a disegni e colori. Sada (disegni) e Canova (colori) tuffano la narrazione fiabesca in immagini e colori più essenziali e senza ombre, ma più brillanti.

“Non lo sapete, ma siete già morti.”

Fa caldo al solo leggerlo. Ai grigio scuro della notte si alternano tutte le tonalità del marrone e del beige, accompagnati da verdoni scuri e blu, che danno la sensazione di essere immersi nelle polveri e nelle sabbie del deserto del Sahara.

Il personaggio migliore? Indubbiamente Hana, una combattente che ha come compito quello di far fuori il protagonista. Divisa tra lavoro e passione (o passione per il lavoro, come vedrete), mette quel pizzico di pepe in più all’interno di una storia colma di pallottole ed esplosioni.

Inquadrature azzeccatissime e funzionali, che vanno a compensare la totale assenza di onomatopee. Per quanto riguarda lo stile grafico è alquanto altalenante: alcune tavole sono state preparate con dovizia di particolari, altre invece sembrano appena abbozzate, come se fossero state disegnate a ridosso di una scadenza. Queste ultime, fortunatamente, non vanno a compromettere la qualità del graphic novel in sé.

La chiusura del volume è sorprendente. Gli autori riescono a chiudere un ciclo narrativo, lasciando aperto uno spiraglio, al quale può attaccarsi un’altra storia, o un altro finale. Proprio per questo, durante  gli eventi fieristici è disponibile un albo intitolato Desert Route – Epilogo, perfetto per chi ne vuole di più.

Oltre alla versione regular, con la copertina firmata dallo stesso Sada, Desert Route è disponibile in versione variant, la copertina del quale è firmata da Giuseppe Palumbo (Diabolik, Ramarro): una carica aggressiva a due personaggi dalle mille sfaccettature.

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