Nello “Studio” di Munari: intervista ad Alessandro Baronciani

Pubblicato il 14 Dicembre 2017 alle 11:00

Il poliedrico autore in tour per la presentazione della nuova edizione di Le ragazze nello studio di Munari edita da BAO Publishing.

Nascosto poco dietro il viale alberato di Piazza Garibaldi a Bari, si può entrare in un piccolo paradiso per lettori, artisti e fruitori della cultura in generale. Dopo tanti anni di “soggiorno” all’interno di un lungo locale situato in via Dante, il “temporary bookshop” Spine si è spostato in uno spazio più ampio, perfetto per accogliere ospiti di caratura nazionale e un nutrito numero di pubblico.

Immersi nel profumo della tipica focaccia barese, attendiamo l’ospite d’onore della serata: Alessandro Baronciani, che porta in tour la ristampa del suo libro Le ragazze nello studio di Munari, edito da Bao Publishing. Si parla delle avventure con l’autoproduzione, delle riviste inviate in abbonamento e dei rapporti con il pubblico. Abbiamo voluto fare qualche domanda in più all’autore in merito al libro.

MF: Quanta influenza ha avuto la figura artistica di Munari nel tuo lavoro (libri e non)?

AB: Ho scoperto Munari soltanto a vent’anni. Mi piaceva l’idea di realizzare un libro su di lui dopo aver visto una mostra celebrativa a Milano, mi sembra in occasione del suo centenario. Tra l’altro mi ci portò Annapaola Martin (videomaker e fotografa), in quel periodo abitavamo in casa insieme, prima ci abitava Davide Toffolo, poi arrivò lei. Avevo una casa a Milano dove passavano tante persone. Ho conosciuto Munari dopo che Corraini cominciò a ristampare i suoi libri, i miei preferiti sono stati Da lontano era un’isola e anche La nebbia di Milano. All’epoca stavo pensando a un modo per raccontare una storia con degli “effetti speciali”: volevo farlo in un modo che non fossero “accessori” alla storia. Il personaggio del libro doveva essere un libraio appassionato e snob, ma anche entusiasta come un bambino per l’arte e il cinema e la mostra di Milano dedicata a Munari fu per me motivo di ispirazione.

MF: Un libro zeppo di vari elementi di cartotecnica, differenti gli uni dagli altri. Quante modifiche hai apportato con questa edizione rispetto all’edizione pubblicata da Black Velvet?

AB: L’edizione Black Velvet uscì con parecchi difetti. Una volta tornato in possesso dei diritti d’autore, ho riletto tutto il libro e modificato quello che non andava bene nella prima versione e quello che – visto oggi – mi sembrava un po’ datato. È stato divertente, mi sono sentito come Martin McFly, sono andato indietro nel passato di sette anni e oggi nel presente mi sono trovato una jeep nuova fiammante nel garage!

MF: Che personaggio è Fabio e chi potrebbe essere nella vita reale?

AB: Fabio è un personaggio di finzione ed è il protagonista del libro. Il nome è lo stesso di un mio amico, a cui mi sono ispirato, che aveva una libreria di libri antichi e usati. Le immagini della libreria, infatti, sono state prese tutte dal suo negozio, che tra l’altro non c’è più. Ora questa libreria è diventata un magazzino molto bello fuori città dove fanno spedizioni in tutto il mondo. Sono andato a trovarlo quando Bao Publishing mi aveva annunciato che avrebbe ristampato Le ragazze nello studio di Munari e abbiamo preso un caffè insieme. Ora in studio con lui ci sono tre persone che lavorano tutto il giorno, ha anche una postazione per fare le foto ai libri che arrivano per essere così pubblicate velocemente sul web. Nel centro del magazzino ci sono tutti gli scatoloni accatastati, pieni di libri che arrivano e che vengono comprati nelle varie aste. Sono lì in mezzo in attesa di essere aperti e controllati per vedere se ci sono cose preziose. In un angolo del magazzino c’è un piccolo container dove il libri inutili vengono buttati per essere riciclati. Mentre guardo la catasta trovo una copia di Un amore di Dino Buzzati. Il libro che regala una delle ragazze al protagonista. Fabio lo vede e me lo regala.

MF: Le inquadrature ricordano molti fermo – immagine del cinema italiano: oltre al citato Antonioni, i lavori di quali registi porti all’interno delle tue opere?

AB: Antonioni è sempre stato uno dei miei preferiti, ma di contro amo anche tantissimo Dino Risi che spesso lo prendeva in giro come succede nella scena de Il Sorpasso: «Ti piace Antonioni? Hai visto L’eclisse? ‘Na pennica!». Il Sorpasso però è anche uno dei film più “pop” degli anni sessanta italiani. Mi ricordo una scena di un incidente stradale con un camion riverso sulla strada con tutte le lavatrici sparse sulla strada. Sembrava una delle immagini a cui Warhol aveva dedicato una serigrafia nelle serie degli incidenti stradali. Mi piacciono tantissimo i film in bianco e nero, come i fumetti in bianco e nero. Mi piacciono soprattutto quelli italiani. Mi ricordano il sabato pomeriggio a casa da bambino.

MF: La tua arte sperimentale si muove su piani diversi da quelli classici. Cosa dovremo aspettarci dal tuo futuro artistico?

AB: Non lo so ma non voglio fare le cose soltanto perché “diverse”. La sperimentazione, soprattutto quella fine a se stessa, non mi interessa. L’altro giorno ho trovato su Facebook, per caso, non so come mi sia sfuggita, una definizione bellissima scritta su Come Svanire Completamente da Bosi Vs Izzo, che diceva così: “Perché un autore di fumetti pubblica un racconto sotto forma di scatola di ricordi? Perché altrimenti non ne saremmo coinvolti attivamente, poiché il mezzo è uno strumento per veicolare dei contenuti. Fare un lavoro creativo significa trovare risposte sempre nuove alle domande che ci poniamo, e porci domande sempre nuove alle risposte che possediamo”. Mi piace che le persone siano coinvolte da quello che faccio. Come Svanire Completamente (autoprodotto, 2016) era un coinvolgimento a partire dal sito. Nel caso di Le ragazze nello studio di Munari volevo che il lettore non solo leggesse la storia ma anche il libro!

MF: Quali sono e quali sono state le reazioni del pubblico finora?

AB: Le ragazze nello studio di Munari è stato ristampato circa due mesi dalla sua uscita. Reazione più bella penso non ci poteva essere!

MF: Un artista poliedrico come te ha scelto di adottare il metodo Prima o mai ideato da Ratigher. Per quanto riguarda il progetto Come svanire completamente sarà possibile reperire in altro formato l’opera?

AB: Per fare Come Svanire Completamente mi sono ispirato al metodo creato da Francesco adattandolo alle esigenze che avevo. Ad esempio non potevo vendere il libro e basta, Come Svanire Completamente più che un libro era una scommessa impossibile da vincere con un metodo di produzione standard, non avevo idea di come sarebbe venuto fuori e avevo bisogno di veri e propri sostenitori disposti a comprare oltre al libro e per questa ragione ho creato dei reward. Alla fine il libro è stato stampato ed è diventato un vero e proprio caso editoriale – ancora oggi ricevo circa tre, quattro email di persone che mi chiedono la ristampa – e anche qui mi sono trovato nel problema di non poter dare una vita “online” al libro con un pdf da scaricare dal sito. Il libro ha una fruizione impossibile da riprodurre sul web. È fatto di frammenti di storie, oggetti da toccare, riguardare, tenere in mano e a mente e collegare. È complicato, in un certo senso, leggerlo cartaceo, figurati online. Per non parlare di creare un sito apposta per la lettura del libro. Probabilmente senza Ratigher non sarei mai riuscito a realizzarlo, probabilmente non avrei pensato fosse possibile realizzarlo neanche io senza il sostegno di tutti i lettori. Quindi, diciamo che adesso sono un po’ fermo: da una parte c’è il problema di ristamparlo magari in una edizione differente, meno “lussuosa”, ad esempio cambiando il colore della copertina e stampando alcune cose a colori invece che bianco e nero; dall’altra – ed è quello che mi spaventa di più- c’è tutto il lavoro di assemblaggio delle copie una volta ristampato che sono circa 4 mesi di lavoro in tipografia!

Ringraziamo Spine Bookstore e Bao Publishing per l’ospitalità e la disponibilità!

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