La Pioggia di Alesia | Recensione

Pubblicato il 7 Dicembre 2017 alle 17:00

…nulla infatti turba di più l’animo umano di una minaccia che non si riesce a vedere.

Giro di boa per la collana tutta italiana di Editoriale CosmoUn Eroe una Battaglia collana dal taglio storico partita il mese scorso con Le Nebbie di Caporetto – la nostra recensione qui.

Con questo secondo numero intitolato La Pioggia di Alesia si cambia drasticamente ambientazione e si ritorna indietro fino alla campagna di Gallia in cui Giulio Cesare cercava di annettere quei territori a Roma, siamo intorno all’anno 52 A.C..

L’avanzata romana però è in una fase di stallo con il risoluto Cesare che deve fronteggiare le resistenze delle tribù che rifiutano ancora di sottomettersi al giogo di Roma capitanate dal condottiero Vercingetorige. E mentre dense nubi si addensano all’orizzonte fervono i preparativi per la battaglia finale… chi avrà la meglio: l’irruenza barbara o la preparazione romana?

Alla sceneggiatura troviamo Giovanni Masi il quale decide di mantenere un certo “distacco” nel narrare questa fondamentale battaglia concentrandosi sull’aspetto epico e didascalico come a voler adattare quello stesso passo del De Bello Gallico che chiude l’albo.

L’autore quindi non ci fornisce un punto di vista privilegiato, un protagonista attraverso cui narrare gli avvenimenti, piuttosto preferisce mostrare qual è la posta in gioco della battaglia: mentre i romani, sicuri e spavaldi come i legionari Tito e Lucio, rinforzano accampamenti, piazzano trappole e costruiscono macchine, i galli invece serrano i propri ranghi, scacciando addirittura donne, bambini e vecchi in direzione del fronte romano, pronti con la loro ondata d’urto a difendere le loro terre e la loro autonomia.

Se la tensione crescente fra le due fazioni sfocia nella battaglia finale, vero climax dell’albo, non è solo nella sua innegabile brutalità che risiede il perno ideologico dell’albo.

Quella di Alesia è stata un battaglia che ha effettivamente avuto un costo in termine di vite umane – minimo comune denominatore di tutte le guerre – ma Masi riesce benissimo a sottolineare come le sorti di una guerra, ed il corso della storia, vengono spesso decisi da uomini soli il cui peso decisionale è squilibrato: Vercingetorige cerca di impietosire Cesare e i romani “sacrificando” donne e bambini nella speranza che vengano accolti negli accampamenti e sfamati, dimezzando così la razioni a disposizione delle truppe. Cesare riflette e stoicamente decide di aprire le porte, la battaglia si decide lì con quella decisione e a sopportarne il peso non sono quindi solo coloro che si sarebbero scontrati poco dopo sul campo di battaglia.

E’ una riflessione amara e schietta sulla guerra, valevole ieri come tristemente oggi.

Parte grafica molto efficace di Valerio Nizi che tralascia il tratto realistico in favore di una stilizzazione dalle linee spesse ma mai nervose. Del realismo permane invece la grande attenzione per l’espressività delle varie figure – espressività che ci catapulta nel cuore della battaglia che ovviamente è “muta” se non fosse per il clangore delle armi  ma anche nella “quotidianità” della vita militare romana – e per l’imponenza della figura dei due condottieri.

Il disegnatore sfrutta molto bene il bianco e nero con contrasti marcati e scavando spesso proprio nel nero momenti topici della battaglia, il formato pocket si trasla poi in una costruzione della tavola semplice, con un frequente utilizzo di soli due riquadri che ben focalizzano il lettore sugli avvenimenti mantenendo così un certa scansione “cronologica” molto incalzante, e che si concede qualche splash page per sottolineare il carattere complesso della battaglia e la vastità del territorio su cui sono spalmate le truppe con le inquadrature della mappa oppure quelle panoramiche.

Da sottolineare la solidissima, come di consueto, prova al lettering di Maria Letizia Mirabella e l’evocativa copertina pittorica di Elia Bonetti, valori aggiunti all’albo.

La Pioggia di Alesia è una lettura asciutta ed essenziale, lontana dalle paraboliche finzioni del genere peplum – che trova nella scuola franco-belga la sua massima espressione in campo fumettistico – è piuttosto un

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