Agata e il Birch | Recensione

Pubblicato il 3 Dicembre 2017 alle 17:00

L’autore di Suore Ninja e il disegnatore di Nine Stones uniscono le forze per una fiaba moderna ed adatta a tutte le età.

Borgo Betulla è un paesino dove non succede nulla e la noia regna sovrana almeno fino al giorno in cui non viene avvistato per la prima volta un enorme mostro verde che si aggira per i boschi intorno al paesino. Ribattezzato Birch, il mostro fa la fortuna del paese che diventa meta turistica tutto l’anno eppur qualcosa non è cambiato… la piccola Agata continua ad avere difficoltà nel parlare.

Intanto in paese arriva il presentatore televisivo Davide Cappari che cerca qualche scoop per evitare la chiusura del suo programma Mister Mistero. Ben presto scopriremo il segreto del Birch ma lo farà anche Cappari che non esiterà a mettere in pericolo la vita di Agata pur di raggiungere i suoi scopi.

Agata e il Birch rientra senza ombra di dubbio in quel filone che in ambito anglosassone viene definito all-ages – una lettura cioè pensata per i più piccoli ma adatta a tutte le età – una fiaba moderna se vogliamo e Davide La Rosa imbastisce una trama semplice che ruota intorno al tema dell’amicizia e della diversità ma non solo.

Mentre l’autore si divertente con dialoghi frizzanti spesso infarciti di rimandi e battute, ma sempre comprensibili anche ad un pubblico molto giovane, inserisce alcune importanti riflessioni sull’idea di comunicazione in senso molto ampio.

Da un lato infatti Agata – bambina chiusa e taciturna – trova nello strano rapporto di amicizia con il Birch l’unica forma di apertura verso un mondo che le è precluso. Non ci sono dietrologie o vicende scabrose nel passato di Agata semplicemente non riesce ad esprimersi… l’incontro con il mostro sembra aprire per lei uno spiraglio trovando nella tentacolosa creatura un amico con cui trascorrere del tempo e poco importa se l’aspetto è “minaccioso”. Parallelamente la genesi del mostro è figlia della noia, dell’immobilità di un paese che rappresenta un orizzonte finito e quasi invalicabile se non grazie ad un evento “straordinario” come l’apparizione di un mostro.

Dall’altro il “cattivo” della storia, il presentatore Cappari, offre una profonda riflessione, e a tratti davvero pungente, su quanto facilmente possa essere manipolata l’opinione della gente: il mostro diventa da pacifica fonte di interesse a minaccia da estirpare con violenza e convinzione. Si rilegge così il mito frankensteiniano, evidente rimando che riecheggia soprattutto nella seconda parte del volume, sotto una luce tremendamente attuale.

Ad illustrare la storia c’è Samuel Spano il quale abbandonate le atmosfere neorealistiche, e a tratti gotiche del suo Nine Stones, fa sfoggio del suo indubbio talento fra rimandi orientali e sensibilità disneyana per disegnare con tratto pulito e preciso le vicende. Quello che colpisce del disegnatore è la grande attenzione riservata alle espressioni prediligendo molti primi piani e cercando così di stabilire sin da subito una connessione a livello emozionale fra il lettore ed i protagonisti della vicenda.  Da notare anche l’ottima padronanza nello story-telling, e di conseguenza nella costruzione della tavola, sempre chiarissima il che rende la lettura scorrevole ed immediata.

Cura editoriale come consuetudine puntuale quando si tratta di produzioni italiane per Editoriale Cosmo. Il volume è un brossurato di grande formato, quasi francese, stampato molto bene su carta spessa e patinata ottima l’impaginazione ed il lettering, molto curata, seppur essenziale, la grafica su cui spicca l’ottima copertina dal sicuro impatto.

Agata e il Birch è una storia che si legge tutto d’un fiato. Divertente e allo stesso tempo tenera ma in fondo meno banale di quello che la sinossi possa far intuire.

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