Berlino 2.0 | Recensione

Pubblicato il 1 Dicembre 2017 alle 17:00

Il racconto di una generazione precaria, alla ricerca di sicurezze e di un luogo ideale in cui vivere sentendosi appagati e felici.

Margot ha ventitre anni, è francese, una ragazza come tante in Europa. Studia filosofia ed è alla ricerca di un dottorato. Berlino per lei rappresenta una speranza, una sorta di Mecca europea per giovani e creativi in ricerca di un ambiente stimolante e vivo. Ma la realtà è un po’ diversa.

Berlino 2.0 è l’affresco di un’intera generazione che vive alla ricerca di una stabilità, sperando in qualcosa di diverso rispetto ad un contratto part-time, uno stipendio da 600 euro, e di un ambiente di lavoro esigente ma che tutela poco o per niente il proprio capitale umano.

Margot viene risucchiata negli ingranaggi della quotidianità di una città spesso stereotipata, solitamente osservata più da un punto di vista ideale ma poco pratico e pragmatico. La Berlino vissuta dal punto di vista di un giovane alla ricerca di lavoro e di sogni da realizzare non è quella sponsorizzata da musicisti e creativi.

Nella sua delicatezza Berlino 2.0 tratteggia un ritratto per certi versi anche brutale di una capitale tedesca satura di giovani alla ricerca di un lavoro nel campo della creatività, e perciò sovra-sfruttati e considerati intercambiabili. Insomma, è questo il mondo globalizzato, multiculturale, e dell’economia 2.0? Margot vivrà tutto questo sulle proprie spalle, a volte non accettandolo, a volte scendendo a compromessi, e trovando sul suo cammino persone semplici ma importanti come il giovane insegnante universitario Felix.

Berlino 2.0 è un’opera che affascinerebbe sicuramente un non lettore di fumetti, una storia semplice ma efficace, delicatamente tagliente; un racconto di vita di tutti i giorni capace di far riflettere, e far pensare a tutto ciò che il mondo (non) ci sta offrendo, ma dal quale possiamo allontanarci e ripartire per dare concretezza e tangibilità alla nostra visione.

La sceneggiatura di  Mathilde Ramadier dà grande spazio alle didascalie, attraverso le quali racconta i pensieri ed il vissuto di Margot, e che rappresentano un piacevole accompagnamento durante il corso della lettura. A differenza di ciò che a volte accade nei fumetti le molte didascalie non appesantiscono o rallentano la storia, che invece si dimostra essere piuttosto solida ed efficace a livello di ritmo e tempi narrativi.

I disegni di  Alberto Madrigal rappresentano nei dettagli i paesaggi di una Berlino mostrata in tutti i suoi angoli più usuali di vita quotidiana (perché Berlino 2.0 è un ritratto di vita vissuta, non un fumetto brochure). I tratti fisici dei personaggi e le loro espressioni invece sono tratteggiati con un tocco leggero e meno attento ai dettagli, ma capace di coglierli in tutta la loro espressività.

In più i colori, sempre di Alberto Madrigal, hanno un tocco leggero tipico da bande dessinée, che si adatta ottimamente ai disegni  ed alla storia, delicata ma realista, che Mathilde Ramadier racconta.

Insomma Berlino 2.0 è un fumetto nel quale sicuramente una generazione di giovani che va dai 20 ai 38 anni si potrà rispecchiare, ma è anche una lettura capace di appassionare chiunque si voglia avvicinare ad uno spaccato di vita vissuta viva e vivida, ben raccontata nel corso di tutte le sue 96 pagine. Una storia semplice ma efficace, che racconta di speranze, illusioni e disillusioni, ma anche di voglia di andare avanti e dare concretezza alla propria visione del mondo.

 

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