Ogni Tuo Respiro di Andy Serkis | Recensione

Pubblicato il 17 Novembre 2017 alle 20:00

Portato in anteprima al Toronto Film Festival arriva anche in Italia Ogni Tuo Respiro, debutto alla regia di Andy Serkis con protagonisti Andrew Garfield e Claire Foy.

Dopo essere stato Gollum e King Kong per Peter Jackson, Cesare per Rupert Wyatt e Matt Reeves e il Leader Supremo Snoke per J.J. Abrams e Rian Johnson nei capitoli 7 e 8 della saga di Star Wars, Andy Serkis decide di debuttare alla regia con Ogni Tuo Respiro, film sull’amore e sulla malattia e soprattutto sulla bella storia vera di Robin Cavendish, attivista britannico che, colpito dalla poliomielite, sarà costretto a vivere su una sedia a rotelle e attaccato ad un respiratore.

Serkis si era già dilettato a dirigere la seconda unità della trilogia de Lo Hobbit, e qui ricalcando il modello del recente e fortunato La Teoria del Tutto di James Marsh con Eddie Redmayne e Felicity Jones, riesce a confezionare un film molto caldo, intimo e soprattutto emotivamente sentito (Ogni Tuo Respiro è prodotto da Jonathan Cavendish, figlio del defunto Robin e amico di Serkis), che intelligentemente prova a schivare (e il più delle volte ci riesce) tutte le enfatizzazioni drammatiche e patinate tipiche di questi drammi romantici biografici, aiutato anche dalle ottime prove dei due protagonisti.

La trama in breve: Andrew Garfield è Robin Cavendish, capitano dell’esercito britannico che ama il cricket e soprattutto sua moglie Diana Blacker (Claire Foy, la splendida Elisabetta della serie Netflix The Crown). Sfortunatamente un anno dopo il matrimonio, con la moglie in dolce attesa, a Robin viene diagnosticata la poliomielite, che gli lascerà un solo mese di vita.

Un ruolo che costringe a recitare solo ed esclusivamente con l’espressione degli occhi e un tono bassissimo di voce può far venire l’acquolina in bocca a tante star hollywoodiane affamate di Oscar, ma prima di essere una star Andrew Garfield è in primo luogo un bravissimo attore e qui conferma il suo talento senza volerlo mettere in mostra, conferendo a Robin tanta umanità sfruttando più volentieri il sorriso più che il dolore e rinunciando alla stucchevole teatralità drammatica già vista tantissime volte.

Se è vero poi che dietro ad ogni grande uomo c’è una grande donna (ed è vero) la Diana di Claire Foy fa da perfetto contraltare, aiutando l’arrabbiato Robin a riconciliarsi con la vita, che per quanto miserabile e spietata sa essere piena di affetti e calore. Grazie a lei Robin non solo supererà di gran lunga le aspettative dei medici (vivrà fino al 1994) ma migliorerà le condizioni sue e di moltissimi altri, facendosi portavoce della lotta alla polio e diventando il paladino dei diritti dei disabili.

Non si tratta di un film indimenticabile, né certamente sarà ricordato come il migliore del suo genere (e probabilmente la nomination agli Oscar verrà data al Jake Gyllenhaal di Stronger), ma è un’opera con una dignità tutta sua e saprà sia commuovervi che ispirarvi. E’ l’addio di un figlio a un padre e il sentito tributo a un uomo coraggioso, un uomo che ha saputo affrontare il più grande orrore del mondo col sorriso stampato in faccia.

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