Gli Anni che Restano: il passato che ritorna | Recensione
Pubblicato il 15 Novembre 2017 alle 10:00
Nel primo graphic novel di Brian Freschi e Davide Aurilia, due giovani talenti del fumetto italiano, il passato ritorna in maniera preponderante: Gli Anni che Restano è un inno alla malinconia dei ricordi e alla loro insistenza di sostituirsi al presente, malinconia accentuata da una tavolozza delicata di acquerelli. Ma racconta anche della necessità di prendere posizione e ritornare a vivere il presente.
Due giovani fumettisti italiani, sceneggiatore e disegnatore, uniscono le forze per creare il loro primo graphic novel, pubblicato da Bao Publishing: Gli Anni che Restano, volume che l’editore descrive come “Asportazione di corpo estraneo emotivo”. I testi sono di Brian Freschi (Der Krampus, Le Piccole Morti, Maison LàLà, Nessuno ci farà entrare), che già iniziò a scrivere racconti online prima di diplomarsi in sceneggiatura all’Accademia Internazionale di Comics: ora è noto soprattutto come sceneggiatore di Manticora Autoproduzioni. Ai disegni invece troviamo Davide Aurilia, illustratore pubblicitario e poi co-fondatore del gruppo Radice (per il quale ha realizzato fumetti brevi), noto per i suoi acquerelli.
Il fumetto proposto da Freschi e Aurilia racconta di Mauro, un uomo che ad un certo punto della sua vita è costretto a rivivere il proprio passato e, nello specifico, gli anni dell’infanzia e della giovinezza vissuti insieme all’amico Antonio, morto prematuramente. Il suo funerale risveglia in Mauro ricordi che, in realtà, non avevano mai smesso di perseguitarlo, impedendogli di pensare seriamente alla propria vita e agli “anni che restano”.
Tra Milano e Bologna, tra passato e presente, il viaggio di Mauro è fatto di rievocazioni e di re-incontri , di rapporti lasciati in sospeso e relazioni interrotte: un viaggio che ripercorre il passato di Mauro, di Antonio e di una generazione con una gran voglia di ribellarsi, ma anche di una generazione vittima dell’eroina. Mauro ritrova gli amici di un tempo, la ex fidanzata, i luoghi che una volta gli erano famigliari: una parentesi da una quotidianità che non lo soddisfa e che non riesce a migliorare.
La sceneggiatura di Freschi è al servizio di un racconto spontaneo che segue i pensieri del protagonista, tra didascalie e balloon che ben si sposano con i disegni di Aurilia: la storia malinconica di Gli Anni che Restano non poteva che essere illustrata ad acquerello. Inoltre il disegnatore sceglie con sapienza i colori dominanti per narrare un determinato momento o contesto, a seconda che venga raccontato il passato o il presente o un preciso stato d’animo dei personaggi: in questo modo il lettore riesce ad entrare nella giusta atmosfera. A prevalere nella singola tavola, infatti, è quasi sempre un singolo colore “emotivo”, o una coppia di colori nel caso di un cambio di ambientazione o di un contrasto tra due situazioni.
Insomma, Gli Anni che Restano è un buon fumetto, soprattutto se il lettore predilige storie nostalgiche e delicate (nonostante la storia porti il protagonista a concentrarsi di meno sugli anni passati, irrecuperabili, e di focalizzarsi su quelli presenti e futuri). Lo stile di disegno non può piacere a tutti, ma è innegabile la bravura di Aurilia nelle ambientazioni e nella sintesi grafica dei personaggi.