Justice League Forever: nascita e storia del supergruppo DC Comics

Pubblicato il 13 Novembre 2017 alle 11:40

Primo speciale per una settimana dedicata la supergruppo della DC Comics che arriverà al cinema il 16 novembre!

Nell’ambito dell’Universo DC la Justice League ha la stessa funzione degli Avengers di casa Marvel.

Si tratta del gruppo di supereroi più importante in assoluto, composto dalle principali icone eroiche della casa editrice, con una line-up in perenne mutamento e vari team a esso collegati.

In pratica, parliamo di un autentico pilastro narrativo del DCU che nel corso degli anni ha entusiasmato generazioni di lettori. Di solito la paternità della Justice League è attribuita a Gardner F. Fox, uno degli autori più importanti della Silver Age dei comics, che fece esordire la squadra nel 1960 sulla gloriosa testata The Brave and The Bold.

In realtà, però, l’idea nacque dall’editor Julius Schwartz, il responsabile del revival dei supereroi dopo un periodo di oblio. Già galvanizzato dal successo delle nuove versioni di Flash e di Lanterna Verde, infatti, spinse Fox a ideare un gruppo che includesse tra le sue fila i personaggi più popolari. Il successo fu immediato ed ebbe anche un ruolo nella nascita del Marvel Universe. Secondo una tesi ormai accreditata, durante una partita di golf Schwartz si vantò del riscontro commerciale della League con Martin Goodman, il proprietario della Casa delle Idee. Quest’ultimo suggerì poi a Stan Lee e Jack Kirby di creare un gruppo di supereroi. Ne vennero fuori i Fantastici Quattro e il resto, come si suol dire, è storia.

Tuttavia, bisogna ammettere che le storie di Fox, disegnate da Mike Sekowski, oggi hanno forse un interesse più storico che artistico. Malgrado siano tuttora godibili e divertenti, spesso inventive e immaginifiche, risultano meno ‘moderne’ di quelle Marvel.

Innanzitutto, Sekowski non aveva lo stile grafico spettacolare di Kirby e le sue tavole erano più tradizionali. Inoltre, la delineazione psicologica di Superman, Batman, Flash, Wonder Woman e gli altri membri della squadra era poco più che abbozzata e mancava una vera evoluzione narrativa. Le storie erano un pretesto per riunire vari supereroi in lotta contro una minaccia di terribili proporzioni e basta. Le psicologie dei membri del gruppo venivano casomai sviluppate nelle loro singole testate.

In ogni caso, la Justice League è sempre stata popolare e un momento importante della sua lunga vicenda editoriale è rappresentato dal periodo in cui fu scritta dal bravo Dennis O’Neil.

Quest’ultimo aveva lavorato, anche se per poco tempo, alla Marvel e aveva quindi appreso le tecniche narrative di Stan Lee. Nelle sue mani, il gruppo è composto da eroi più cupi e meno solari rispetto ai primordi, ha un quartier generale all’interno di un satellite e si confronta con criminali più inquietanti. Per giunta, probabilmente ispirato dagli Avengers di Roy Thomas, tra i componenti non c’è sempre armonia e la formazione cambia in maniera costante. Non mancarono inoltre accenni a tematiche più adulte e scottanti (del resto, O’Neil era pure conosciuto per una serie di episodi di Green Lantern/Green Arrow molto controversi).

L’autore inserì la Lega della Giustizia in contesti influenzati dalle istanze beat e hippy, in un clima che risentiva dei contrasti sociali e generazionali che sconvolsero l’America verso la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta.

Nel corso dei decenni, le varie testate della squadra hanno subito alti e bassi qualitativi e tra i periodi più validi e significativi ricordiamo quello post-Crisis. La squadra divenne Justice League International e in seguito nacque una filiale europea, la Justice League Europe. Gli irriverenti Keith Giffen e J.M. De Matteis si concentrarono su personaggi meno famosi di Superman e compagni, insistendo su situazioni sarcastiche, ironiche e grottesche che piacquero ai fan ed ebbero il merito di svecchiare la serie. In pratica, gli autori la utilizzarono per prendere in giro i cliché e le regole del genere supereroico, con risultati esaltanti.

La seconda importante interpretazione della squadra si deve allo scozzese Grant Morrison che proprio con la JLA (sigla che sta per Justice League America) dimostrò di saper scrivere avventure dei supereroi più classici della DC.

Fino a quel momento, infatti, Morrison si era occupato di eroi minori come Animal Man e la Doom Patrol e solo ogni tanto la casa editrice gli aveva permesso di scrivere qualcosa su Batman. In generale, però, Grant era considerato troppo trasgressivo, più in linea con la Vertigo che con la divisione mainstream dell’etichetta.

La sua gestione della League, invece, fece capire a tutti che Grant sapeva usare i supereroi di primo piano, rispettandone le caratteristiche originarie, senza stravolgerle, ma con uno stile più al passo con i tempi.

L’operazione di Morrison fu diametralmente opposta rispetto a quella dei predecessori. La Justice League, nella sua ottica, è composta da veri e propri semidei che vivono sulla luna, lontani dai comuni mortali. Non sono fallibili e umani come gli eroi Marvel.

In questo modo, Morrison fece leva sul carisma di character del calibro di Batman, Wonder Woman, Superman delineando story-line impreziosite da pathos e drammaticità.

Dopo la fine della sua lunga gestione, la Lega è passata nelle mani di numerosi autori. Alcuni hanno ideato sequenze di valore, per esempio Mark Waid, e bisogna ricordare la sconvolgente Identity Crisis di Brad Meltzer che scioccò i lettori di vecchia data con l’omicidio di un personaggio molto conosciuto.

Nel complesso, oggi la Justice League continua a occupare un posto rilevante nell’ambito DC e le recenti collane post-Rebirth lo dimostrano.

Il concetto insito nella Lega della Giustizia, quello di un manipolo di supereroi che collaborano per far trionfare il bene, è forse la quintessenza stessa dell’eroismo. Da questo punto di vista, quindi, la JLA è un must.

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