DC’s Legends of Tomorrow 3×04 – Phone Home & 3×05 – Return of the Mack | Recensione

Pubblicato il 10 Novembre 2017 alle 15:00

Effetto Stranger Things…

Avevamo lasciato DC’s Legends of Tomorrow ben due settimane fa, complice Lucca Comics & Games, con un episodio poco incisivo – la nostra recensione qui – che aveva mostrato i limiti di una serie che privata di un background stimolante si era appiattita su un plot troppo lineare risultando alla fine tutt’altro che memorabile.

Non è questo il caso di Phone Home episodio che pone in primo piano l’ambientazione, i mitici anni ’80. Ray scompare improvvisamente dalla Waverider e la squadra scopre che un nuovo anacronismo è “a piede libero” nel 1988 ed ha causato la morte della giovane versione del loro amico. Atterrati ad Ivy Town nel 1988 scopriranno che il giovane Ray si è cacciato in guai davvero grossi che coinvolgono una loro vecchia conoscenza e degli spettatori della serie ovviamente.

Questo quarto episodio è un festival dell’easter-egg. L’episodio sostanzialmente ricalca la trama di E.T. – anche con riferimenti e scene abbastanza esplicite tipo la famosa pedalata nel cielo notturno – ma paga pesantemente dazio a tutta quella 80’s-mania che ha investito un certo cinema e serialità televisiva ecco quindi come la serie ci presenta la propria versione di Baby Groot o come la scelta di trasmettere questo episodio la serata di Halloween negli USA non può che richiamare alla mente il fenomeno Stranger Things anche a causa del suo incipit molto familiare ai fan della serie.

Oltre l’ambientazione c’è di più anche se è indubbio che questa serva a dare una notevole spinta all’episodio. Per la prima volta infatti l’attenzione è tutta incentrata sul personaggio di Ray Palmer e sul suo proverbiale ottimismo: si scava quindi nella psicologia del personaggio e si mostra efficacemente, e senza appesantire la visione dell’episodio, come questa caratteristica non sia innata ma maturata quasi come strumento di difesa. Grande prova del giovane Jack Fisher che interpreta Ray da piccolo, mentre Brandon Routh funge da perfetto ingenuo contraltare dando credibilità al personaggio.

Se l’episodio quindi procede in maniera spedita fra un rimando e l’altro c’è anche lo sviluppo di un interessante sotto-trama legata a Firestorm e collegata all’abbandono dello show da parte di Victor Gerber ovvero il Professor Stein. Vedremo se gli showrunner riusciranno a sviluppare questo aspetto in maniera efficace.

Ci sono pochi appunti da fare all’episodio se non qualche passaggio leggermente a vuoto della sceneggiatura e la mancanza di progressione della macro-trama della stagione, questo secondo appunto tuttavia è relativo soprattutto se l’episodio in questione riesce a sfruttare così bene lo scenario in cui è ambientato.

Nei primi 4 episodi di questa terza stagione la serie ha trattato in maniera sufficiente le conseguenze della precedente e stabilito in maniera discreta il nuovo status quo della squadra ma in termini di macro-trama si è mosso ben poco.

Return of the Mack raccoglie un po’ quelli che erano stati gli indizi disseminati negli episodi precedenti ed inizia a collocarli in maniera più o meno organica di modo da costituire un plot più coeso.

Il perno dell’episodio sono una serie di omicidi compiuti nella Londra del 1895 attribuiti ad un vampiro. Gli sceneggiatori fanno un discreto lavoro nell’utilizzare tutto l’immaginario della Londra vittoriana da Sherlock Holmes a Dracula passando per Jack lo Squartatore conferendo così un tono mistico ed horrorifico all’episodio sul cui sfondo ci sono due ritorni importanti quello di Rip Hunter e quello di un villain della passata stagione; il motivo di questi due ritorni è strumentale a delineare finalmente con un po’ più di chiarezza la natura del vero villain di questa stagione ovvero Mallus, villain che a giudicare da questo episodi è di natura prettamente mistica.

Non è tanto l’aver iniziato a concretizzare la figura di Mallus quello che rende questo episodio degno di nota quanto piuttosto vedere svilupparsi una serie di sotto-trame in maniera finalmente organica: gli anacronismi potrebbero essere infatti non disposti in maniera casuale nello spazio-tempo così come il ruolo dei totem, fino ad ora elemento che serviva solo per accomunare Amaya e Zari, fino al Time Bureau che potrebbe giocare finalmente un ruolo importante visto il twist che colpisce a fine episodio proprio Rip.

L’episodio è scorrevole e la sceneggiatura ben ritmata forse calca la mano solo nella scena d’azione finale – evidente il rimando a Guardiani della Galassia – e manca ancora un po’ di sostanza al personaggio di Zari finora un po’ troppo stereotipata nel ruolo dell’eroina riluttante.

Questi ultimi due episodi dimostrano senza ombra di dubbio come DC’s Legends of Tomorrow abbia iniziato a prendere la giusta inerzia delineando meglio il villain principale della stagione e sviluppando in parallelo alcune interessanti sotto-trame, bisogna solo affinare alcuni aspetti legati a sceneggiatura e dialoghi e trovare un po’ più di equilibrio fra il lato sci-fi/supereroistico e quello umoristico dello show ma il percorso intrapreso sembra comunque saldo e proficuo.

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