Geostorm di Dean Devlin | Recensione
Pubblicato il 31 Ottobre 2017 alle 20:00
Gerard Butler deve salvare il mondo da una catastrofe climatica senza precedenti nell’esordio alla regia dello sceneggiatore di Independence Day, Godzilla e Il Patriota.
Nonostante dalla Casa Bianca continuino ad arrivare smentite su smentite (sempre più tragicomiche), il cambiamento climatico è una triste realtà del nostro tempo e in Geostorm il regista debuttante (ma esperto uomo di cinema) Dean Devlin prova a spiegarci come la causa di tutto sia sempre riconducibile alla stupidità umana.
Ma è un disaster movie piuttosto disastroso quello che vede come protagonista l’eroico Gerard Butler. Geostorm, infatti, più che un’opera a se stante sembra essere una scatola piena di altri film di tanti generi diversi, tutti riconoscibilissimi grazie a sequenze e/o idee visive più o meno ricalcate: c’è Gravity, c’è The Day After Tomorrow, c’è San Andreas, c’è 2012, ci sono perfino intrighi alla The Manchurian Candidate, e il risultato è un pastrocchio di proporzioni epiche, nel quale di tanto in tanto esplodono cose e i volti notissimi del cast (tanto ampio quanto sprecato) danno la sensazione di essere entrati nel progetto solo per lo stipendio (120 milioni di budget, recuperati miracolosamente al botteghino).
Nel prologo del film scopriamo che nel 2019 la Terra è stata colpita da una serie di disastri climatici che hanno spazzato via intere città. Per contrastare quella che altrimenti sarebbe stata la fine del mondo, gli Stati Uniti e tantissime altre nazioni uniscono le forze per creare un enorme satellite (soprannominato Dutch Boy) che localizzi in anticipo questi pericolosi cambiamenti climatici prima che abbiano effettivamente luogo, così da poterli eliminare in tempo (tipo Minority Report, ma invece di sparare ai criminali si spara alle nuvole).
Il supersatellite è stato partorito dalla mente dell’ingegnere Jake Lawson (Butler), che però viene allontanato dal governo: tre anni dopo, quando il film comincia a tutti gli effetti, Jake vive nella sua roulotte e beve birra e aggiusta motori di vecchie auto usate come il Cade Yeager di Mark Wahlberg nella saga di Transformers. C’è qualcosa che non va con la sua creazione Dutch Boy – forse qualcuno si è preso la briga di andare nello spazio per manometterlo così da poter distruggere il mondo – e suo fratello minore Max (Jim Sturgess), che lavora per il governo, gli chiede di tornare nel satellite per investigare. E come il Cooper di Matthew McConaughey in Interstellar, Jake lascerà una figlia sulla Terra promettendole di tornare da lei (ricordate la battuta finale del finale del film di Nolan: “Perché il mio papà me l’ha promesso”? Ecco, qua ritorna pari pari).
L’idea che anche potendo controllare i cambiamenti climatici l’umanità riuscirebbe comunque ad incasinare le cose (perché siamo una razza di avidi e stupidi e stupidi e avidi) è anche sorprendentemente intellettuale per un film del genere: il problema è che il film ha così tanti problemi che ci vorrebbero dalle tre alle quattro recensioni per spiegarli tutti, quindi limitiamoci a dire che nessuno dei protagonisti della vicenda è credibile nel proprio ruolo e che la vicenda stessa è ridicola ai limiti del parossismo.
Da Geostorm nessuno pretendeva un nuovo classico del genere catastrofico, ma una catastrofe del genere ce la potevano risparmiare.