Ghost in the Shell Stand Alone Complex Vol. 1: Recensione
Pubblicato il 22 Novembre 2011 alle 09:30
Star Comics porta in Italia l’adattamento a fumetti dell’omonimo tv anime di Production I.G, basato sul soggetto originale di Masamune Shirow. Saprà essere all’altezza della controparte animata?
Ghost in the Shell Stand Alone Complex Vol. 1
Autore: Yu Kinutani
Editore: Star Comics
Provenienza: Giappone, 2009
Prezzo: € 6,50, 15×21, 236 pp., b/n, brossura con bandelle
Dopo averci presentato l’opera originale di Masamune Shirow le Edizioni Star Comics ci propongono la più recente produzione (2009, tre volumi in corso) dedicata alla celebrata saga fantascientifica, ovvero la riduzione cartacea che Yu Kinutani (Amon – The Darkside of the Devilman) ha tratto dall’omonimo kolossal televisivo di Production I.G, Ghost in the Shell Stand Alone Complex (in italiano da Panini Video).
Il primo volume ripropone la prima puntata dell’anime: ritroviamo quindi il Maggiore Motoko Kusanagi e il resto della Sezione 9 di Pubblica Sicurezza impegnata nel salvataggio del Ministro degli Esteri, del suo staff e di un rappresentante di un’associazione industriale nordamericana, tenuti in ostaggio da robot geishe impazzite all’interno di un ristorante tradizionale.
Il prosieguo delle indagini rivelerà che in ballo c’è di più dell’incolumità del ministro, tra giochi di potere, intrighi politici e segreti militari, calati nel consueto e affascinante affresco tecnologico codificato da Shirow due decadi fa.
Visto l’ottimo materiale di partenza, che godeva di un ispirato Kenji Kamiyama alla regia e sceneggiatura dell’episodio, la trama risulta solida e costruita con intelligenza; chi conosce già la serie, però, corre il serio rischio di annoiarsi poiché la puntata inaugurale della serie tv non è rielaborata ma adattata pari pari, praticamente sequenza per sequenza quasi fosse un anime comics. Le aggiunte sono davvero poche e per di più ininfluenti ai fini dello svolgimento della storia, anzi si rivelano — a parte il simpatico intervento di un tachikoma — ridondanti finendo con il sottolineare l’ovvio.
A soffrirne è il ritmo, più frammentato della controparte animata e penalizzato dalla scelta del mangaka di sacrificare un paio di tavole di quasi ogni capitolo per ricapitolare quanto accaduto nelle ultimissime pagine del precedente. Una scelta che poteva avere senso per la serializzazione periodica su rivista, ma che nella raccolta in volume perde di utilità.
Dal punto di vista grafico le tavole di Kinutani sono senza dubbio ben disegnate, dettagliate e ricche di retini, volti a sostituire il colore presente nell’animazione; tuttavia la complessità e spettacolarità dell’anime restano ben lontani. Anche qui lo stile dell’autore, soprattutto il character design, si piega alla fedeltà della trasposizione, sacrificando parte della propria originalità.
L’edizione italiana vede un volume morbido e resistente di formato più grande del classico tankobon, dalla carta avoriata leggermente ruvida che assorbe bene l’inchiostro senza problemi di trasparenza; la stampa soffre di una resa non impeccabile dei retini, affetti da moirè e bruciature, e da un diffuso effetto aliasing che seghetta i contorni. Le onomatopee sono lasciate in originale con traduzione in piccolo accanto.