Bullet Ballad: Recensione

Pubblicato il 1 Dicembre 2011 alle 10:44

La storia psichedelica di un insanabile senso di colpa nel torrido paesaggio al confine tra Messico e Stati Uniti.

Bullet Ballad

Autori: Alessio D’Uva e Arjuna Susini
Provenienza: Italia
Formato: 17 X 24
Pagine: 104
Prezzo: 9,00 €
Data di pubblicazione: 2011

James Doharty, ex agente della narcotici di Los Angeles, finisce a Wexdale, classica cittadina al confine col Messico, per incontrare un malavitoso del luogo e compiere una misteriosa missione.
Forse per il caldo eccessivo o probabilmente per qualche scrupolo di coscienza che lo tormenta, Doharty comincerà ad avere delle visioni allucinatorie che lo trascineranno verso situazioni sempre più pericolose.
A controllare le sue azioni troviamo l’attento sceriffo della cittadina e lo spontaneo aiuto della dj della radio locale, assai occupata nel curare una maratona trasmessa dall’emittente dedicata al Rat Pack di Sinatra, Martin e Davis Jr.

Storiella abbastanza innocua del duo D’Uva/Susini, questa Bullet Ballad si legge tanto velocemente quanto velocemente si lascia dimenticare.
Nonostante l’ambientazione classica con la torrida città di confine, lo straniero che arriva in città e si comporta in modo quantomeno bislacco, lo sceriffo panzone ma saggio che riesce a tenere a bada i (pochi) abitanti e i narcotrafficanti cattivissimi sullo sfondo, e nonostante un soggetto abbastanza interessante (a metà tra il dostoevskiano L’Uomo senza Sonno con Christian Bale e Complesso di Colpa di Brian De Palma) la storia non riesce quasi mai ad essere particolarmente attraente.
La scrittura di D’Uva risulta ingiustificatamente sincopata, in un alternarsi a mio modo di vedere troppo discontinuo e altalenante delle vicende che si susseguono in modo troppo confusionario: alcuni elementi sono eccessivamente ridondanti (la trasmissione dedicata al Rat Pack, per esempio, con troppe informazioni e troppe vignette dedicate al tutto senza che si capisca bene il perché… ma insomma, a chi interessa?) ed altri sono troppo poco credibili (la storia che Doharty racconta allo sceriffo col proiettile “scomparso”, di cui poi comunque capiremo alla fine, e la reazione poco credibile dello sceriffo stesso, la rabbia apparentemente ingiustificata del padrone del motel dove alloggia Doharty, i motivi oggettivamente inspiegabili che spingono Melissa, la dj, a voler aiutare lo straniero e soprattutto il perché si affezioni in un modo del genere ad uno sconosciuto e che la porteranno ad una reazione nell’epilogo che lascia assolutamente interdetti), il personaggio stesso di Doharty, davvero poco plausibile (e poi troppo eccessivamente sudato!).

Il tutto, insomma, instaura in chi legge la fortissima sensazione di trovarsi di fronte un qualcosa troppo poco strutturato per essere davvero interessante.
I rimandi poi a certi stilemi ed ambientazioni facilmente riconoscibili alla Rodriguez o Don Winslow che dir si voglia alla fine dei conti appaiono troppo poco convincenti ed eccessivamente conformi, brutte copie sbiadite che non permettono il benché minimo barlume di avvincente interesse.
I disegni di Susini, poi, non aiutano, per il loro essere troppo sciatti, confusionari, incoerenti.

Un fumetto ben poco autoriale e abbastanza dozzinale che non riesce a salvarsi nonostante un soggetto simpatico ed un finale non troppo banale.

Voto: 5

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