Tokae: Recensione

Pubblicato il 28 Novembre 2011 alle 11:07

Una bella storia di formazione di un giovane Sioux Lacota raccontata con tocco leggero da Beniamino Del Vecchio.

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Tokae

Autore: Beniamino Del Vecchio
Provenienza: Italia
Pagine: 73
Prezzo: 2,39 € (disponibile su AppStore)

Ultimamente mi è capitato tra le mani un libretto di Claude Chabrol intitolato “Come fare un Film”, comprato chissà dove chissà quando e sepolto nella mia libreria.

In questo (consigliatissimo) libricino il grande autore francese divide i registi in due categorie: i narratori e i poeti.

I primi ovviamente sono quelli che vogliono raccontare storie e che vogliono dare una forma attraente a quel qualcosa che vogliono esporre.

I secondi sono quelli che hanno, al contrario, una visione del mondo e cercano di esprimerla, anche a scapito della narrazione pura, di cui magari si fregano altamente.

Aggiunge poi Chabrol che può capitare, anche se è un fatto formidabile, che questi “poeti” abbiano anche doti di narratori.

Ecco, secondo me è il caso di un autore come Del Vecchio.

Del Vecchio riesce a tenersi in equilibrio tra la storia (e la Storia, con la S maiuscola, quella dei nativi americani) e le suggestioni poetiche in maniera abbastanza convincente.

Racconta una (normalissima, a dire il vero) storia di un giovane Sioux Lacota che perde il padre durante una battuta di caccia andata male e che sarà costretto a diventare uomo velocemente, il tutto rigorosamente incorniciato da una salda struttura storica, prodotto di evidenti (ed efficaci) studi approfonditi sugli usi i costumi e le tradizioni dei Sioux, ma decide di farlo con uno stile pittorico particolare, con la tecnica dell’acquarello che sembrerebbe (apparentemente) molto distante dal tipico fumetto “western” (tra l’altro, poi, un termine del genere nel caso di Tokae è assolutamente improprio visto che non incontreremo mai nessun “viso pallido” per tutto il fumetto), dichiarato omaggio tra l’altro dell’autore ai primi lavori di Milazzo, disegnatore non a caso di Ken Parker, fumetto western/poetico per antonomasia.

Altri episodi poi sono esemplari in un’ottica di lettura come questa: quando ad esempio il giovane Tokae scappa dal branco di lupi famelici che lo attaccano (ed uccideranno il padre) finisce in un fiume e sembrerebbe destinato a morire affogato se non fosse per un intervento “superiore” (Manito che decide non sia ancora giunta la sua ora) che, in una sequenza particolarmente lisergica, lo salva da morte certa.

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Oppure altri elementi poetici, indefiniti, possiamo trovarli nell’incontro/scontro tra Tokae e il lupo che uccide il padre, la scelta di non vendicarsi del giovane Sioux con i cuccioli e la conseguente restituzione del “favore” da parte dell’animale.

C’è l’avventura pura e semplice (come il combattimento coi coltelli tra il Sioux e il Pawnee acerrimo nemico, classico stereotipo del film o il fumetto d’avventura con gli indiani), ma il ritmo è tutt’altro che sincopato, bensì placido come si addice alla filosofia del Popolo Rosso, nonostante poi durante la vicenda narrata di cose ne accadano parecchie.

E’ un fumetto zeppo di informazioni sui Sioux (il modo di cacciare, di educare i figli, di trattare le donne da parte degli uomini, il gioco del lacrosse, come chiedere la mano di una giovane al padre di lei…) ma poi il finale ti sorprende, così, improvviso e poco “conforme” ai crismi narrativi a cui possono abituarci certi fumetti di genere.

Ecco, il fumetto di Del Vecchio, forse, è proprio questo: poco conforme perché non di genere, ma semplicemente una storia illustrata dove l’autore vuole raccontare uno dei tanti modi di diventare adulti in una tribù Lacota, con tutti gli elementi accessori del caso (strumenti antropologici indispensabili per inquadrare l’insieme) decidendo di farlo con un certo garbo, con il suo stile, in modo del tutto personale.

Certo, i rimandi a Ivo Milazzo sono evidenti (e tra l’altro evidenziati dallo stesso autore nell’editoriale che introduce il fumetto, come dicevamo sopra), ma la cifra stilistica è chiara.

E’ evidente la visione di Del Vecchio, la sua poetica appunto.

A tirar le somme, quindi, un fumetto come questo Tokae non potrà mai essere bocciato dal sottoscritto, nonostante poi, a voler esser pignoli, la storia appaia un po’ troppo debole e lo stesso tratto dell’autore non del tutto convincente (ma qui rientriamo nei miei gusti personali, visto che la maestria è oggettiva), ma premiato proprio per lo sforzo “produttivo” (nel senso proprio del termine) di chi ha deciso di realizzare un tipo di fumetto come questo, con tutta la sua evidente passione e l’impegno profuso.

Non molto da aggiungere sulla (solita) edizione digitale della MeLeto, come sempre senza infamia e senza lode, anche se corredata in appendice al fumetto da alcuni bei ritratti di famosi capi indiani come Toro Seduto, Geronimo o Alce Nero accompagnati da didascalie con loro frasi celebri e le solite immagini utilizzabili come wallpaper per l’ iPad che, nel caso di un autore come Del Vecchio, risultano parecchio gradite.

Voto: 7

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