Dampyr 140 – La ballata di re Orpheus: Recensione
Pubblicato il 18 Novembre 2011 alle 11:49
Una melodia maledetta ha riportato nel mondo un male terribile e remoto che minaccia anzitutto Harlan, Kurjak e i ghost hunters, che si apprestano a partecipare ad un convegno sulle antiche tradizioni scozzesi.
Dampyr n. 140
La ballata di Re Orpheus
Autori: Mauro Boselli (testi) e Alessandro Scibilia (disegni).
Casa Editrice: Sergio Bonelli Editore.
Provenienza: Italia.
Prezzo: 2,70 Euro.
Anno di uscita: 2011 (Novembre)
Ci sono melodie capaci di sopravvivere al tempo che trascorre, di conservare inalterata la loro bellezza e la loro essenza. Nota dopo nota, anche a distanza di secoli, riescono a trasmettere l’ispirazione originaria del compositore, il suo stato d’animo. Provate a pensare, però, a cosa potrebbe succedere se la melodia in questione fosse maledetta e in essa risiedesse il germe di un male remoto ma terribile.
Il nostro Harlan, in compagnia di Kurjak e dei ghost hunters, questa volta è appunto alle prese con qualcosa del genere: si tratta della ballata di re Orpheus che dà titolo all’albo 140 della serie regolare. Ad eseguirla, Stuart Morison e la sua band, i Liannabh Shee, che l’hanno resuscitato dalle carte del maestro del primo, Duncan McGillivray. Dopo la loro esibizione, però, cominciano i guai: la note della ballata hanno consentito il ritorno del perfido lord Soules e del suo protettore, un hobgoblin della Corte Maledetta, Redcap. A complicare tutto, il fatto che i ghost hunters si sono dati appuntamento proprio nel castello un tempo appartenuto a Soules.
E proprio tra le mura del castello, che lentamente prende a ritornare alla sua forma medievale, ignorando gli effetti del tempo e dei restauri, si consuma la parte più suggestiva dell’avventura. Un’atmosfera cupa, pesante, quasi maledetta grava sul maniero e sui protagonisti della vicenda, che loro malgrado si sono divisi tra le varie aree del castello. I disegni di Scibilia svolgono un ruolo egregio nella resa del clima di paura e sospensione che riporta il lettore ad albi di Dampyr più datati. A rafforzare l’impressione, poi, la sceneggiatura di un Boselli in forma come sempre, che unisce folklore e terrore in una storia che però avrebbe meritato maggior peso e spazio.
Ad ogni modo il cuore dell’avventura, quello dello scontro tra i redivivi malvagi e i nostri, all’interno di un edificio che si avvia a scomparire durante una notte, manco a dirlo, di pioggia, per quanto ci possa far innamorare, pure non occupa l’intero albo. Questo è fatto anche da un inizio e da una fine. Ed entrambi, diciamolo, non brillano, anche se per motivi opposti. La prima parte, troppo dilatata e ostacolante la partecipazione del lettore, insieme alla parte conclusiva, troppo, troppo veloce, penalizzano un’avventura che comunque ha le carte in regola per piacere, copertina di Enea Riboldi compresa.