Garibaldi: Recensione
Pubblicato il 9 Dicembre 2011 alle 09:45
Un po’ di storia patria (riveduta e corretta), in occasione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, non può che far bene!
Garibaldi
Resoconto veritiero delle sue valorose imprese, ad uso delle giovini menti
Autore: Tuono Pettinato (Andrea Paggiaro).
Casa editrice: Rizzoli Lizard.
Provenienza: Italia.
Prezzo: 16,00 Euro.
Pagine: 120 pag. b/n e colore, rilegatura dei sedicesimi a filo refe, brossurato con bandelle.
Data di pubblicazione: 2010
Decisamente esilarante questa biografia-parodia dedicata al nostro Garibaldi, che un ispiratissimo Tuono Pettinato (al secolo Andrea Paggiaro), racconta per noi con l’intento di divulgare le sue eroiche gesta anche alle nuove generazioni; e paradossalmente il volume che ne viene fuori è così bello, intelligente nella parodia (e nella satira), nonchè attentissimo nel riprendere i fatti storici salienti della sua vita, da assurgere per certi versi alla dignità di un qualsiasi libro storico che tratti del personaggio in maniera più seria.
Dagli esordi “natatori” che lo portano fin da giovanissimo ad aspirare a una vita da lupo di mare (con sommo sgomento dei genitori che proprio non se ne capacitano), si passa velocemente alla sua gioventù marinaresca ricca e avventurosa, fatta di navigazioni in mari sempre più lontani; fondamentali gli incontri con alcuni filosofi dell’epoca, Emile Barrault (seguace dell’utopista francese Henry de Saint-Simon), Giambattista Cuneo che per primo instillò nel Nostro i concetti della “Giovine Italia”, e infine un “certo” Giuseppe Mazzini, dipinto come agente super-segreto sempre in incognito, abilissimo nelle tecniche ninja di apparizione e soprattutto sparizione.
Si prosegue con un Garibaldi giovane sobillatore per la causa dell’unità nazionale, offrendo spaghettate gratis per tutti nelle osterie (che lui chiama “azioni di militanza indipendentista” !!), dagli scarsi risultati una volta finiti gli spaghetti, per non parlare dei travestimenti più improbabili (monaca, una mamma barbuta col bambino, un distinto gentiluomo col monocolo di nome Barigaldi e così via), onde evitare di essere catturato; la sua attività sovversiva lo costringe comunque alla fuga verso il Sud America con una condanna alla pena di morte sulla testa, dove seguiranno altre divertentissime vicissitudini, coinvolto nella rivoluzione per l’indipendenza brasiliana e successivamente nella liason amorosa con la futura moglie Anita (nel secondo e centrale capitolo del volume).
L’avventura garibaldina giunge al suo culmine nella terza e ultima parte, col ritorno del nostro Eroe dei Due Mondi in Italia, dove tra molteplici difficoltà e intrecci sempre più controversi soprattutto con Cavour (che successivamente finirà per cedere la sua città natia, Nizza, alla Francia!), e Vittorio Emanuele II, giungerà la tanto agognata unificazione nazionale; non tutto andrà come sperato dal nostro Garibaldi, ma fuori dai canoni storici l’autore gli concederà un “triello” finale (ovvero un duello a tre), stile Il Buono, il Brutto, il Cattivo, dove si scontrerà con le sue nemesi giurate, ovvero nientemeno che Papa Pio IX e il già citato Camillo Benso di Cavour (e come recita un famoso proverbio nizzardo – “quando un uomo con la penna incontra un uomo col fucile, l’uomo con la penna è un uomo morto”…).
La vita di questo avventuroso protagonista della nostra storia offre molteplici spunti, nonchè altrettanti protagonisti storici da rimodellare sapientemente nella parodia, tra cui guest-stars quali Goffredo Mameli, il politico e patriota Francesco Crispi (che congelerà i resti di Garibaldi nella grafite come Han Solo di Guerre Stellari, anziché cremarlo, per conservarne le spoglie!), Massimo d’Azeglio, Carlo Pisacane, i Fratelli Bandiera e via rimembrando; l’autore riesce a rielaborare fatti e personaggi in gustosissime rappresentazioni, meravigliosamente oscillanti tra il serio e il faceto, dove la realtà storica sfuma nel surreale, nel paradosso e nella battuta fulminante.
Singolare l’uso del colore, limitato al rosso, al giallo scuro tipo ocra e ad un blu tendente al violetto, scelta che è arduo affermare sia stata premiante fino in fondo (qualche perplessità infatti la lascia), sicuramente vincente invece l’idea di utilizzare un lessico “risorgimentale” e uno stile di scrittura tipico dell’epoca, mescolati abilmente con quelli dei nostri giorni (e proprio da questo contrasto nascono le battute migliori); ottima come di consueto l’edizione della Rizzoli, sia per confezione (tenuta della brossura, bandelle, rilegatura dei sedicesimi a filo refe, carta di buona grammatura), che per la qualità di stampa e colore.