1979: “fotografato” per la prima volta un buco nero – Quali sono le differenze con quello di Interstellar?
Pubblicato il 10 Ottobre 2017 alle 15:25
I buchi neri sono oggetti astronomici talmente bizzarri che gli scienziati che li hanno teorizzati per primi hanno messo in dubbio la loro effettiva esistenza per lunghi anni. Ma ora, grazie alle tecnologie più moderne, è stato possibile fotografare per la prima volta un oggetto che anziché emettere luce la intrappola al suo interno.
I buchi neri hanno, per la propria natura così misteriosamente affascinante, attratto anche l’attenzione di registi come Christopher Nolan, che ne ha rappresentato uno nel suo Interstellar. Ma quali sono, alla luce delle più recenti scoperte scientifiche, le differenze sostanziali fra un buco nero reale e quello rappresentato in Interstellar?
I buchi neri nascono quando la forza di gravità, che spinge verso l’interno, ha la meglio sulle reazioni che avvengono all’interno del nucleo di una stella supermassiccia alla fine del suo ciclo vitale, che spingono verso l’esterno. Quando ciò avviene, ciò che resta della stella collassa su sé stessa, trasformandosi in un oggetto dalle dimensioni ridotte, ma che possiede un campo gravitazionale incredibilmente potente, al punto da riuscire a intrappolare al suo interno perfino la luce (il che equivale a dire che la velocità di fuga da un buco nero è maggiore della velocità della luce stessa).
Il tempo e lo spazio agiscono e interagiscono fra loro in modi così unici in un buco nero che a lungo gli scienziati si sono chiesti quale fosse il loro aspetto. Una prima immagine risale al 1979, ed è stata realizzata da Jean-Pierre Luminet utilizzando un computer, calcoli matematici e inchiostro di china:
Il problema maggiore quando si cerca di immaginare come possa essere fatto un buco nero sta nel fatto che, per definizione, non emette luce o radiazioni, ma per fortuna i buchi neri supermassicci sono solitamente vicini ad altre stelle, di cui risucchiano gli strati più esterni di materiale. E questo è un processo perfettamente visibile, come ci spiega lo stesso Luminet nel suo blog e-Luminesciences:
Mentre (i gas delle stelle) cadono verso il buco nero, questo diventa sempre più caldo, e inizia d emettere radiazioni. Questa è una buona fonte di luce: i dischi di accrescimento brillano e illuminano il buco nero centrale.
La caratteristica principale di un buco nero è il cosiddetto orizzonte degli eventi, una sorta di confine superato il quale sfuggire all’immenso campo gravitazionale di un buco nero diventa impossibile perfino per l’oggetto più veloce dell’universo: la luce.
Alla periferia dell’orizzonte degli eventi il materiale risucchiato dalle stelle vicine forma un disco di accrescimento, che nel film di fantascienza Interstellar viene rappresentato come due dischi brillanti e perpendicolari:
Questa è però soltanto una illusione, poiché c’è solo un un unico disco all’equatore, ma la luce viene curvata a causa della gravità estrema del buco nero.
L’immagine di Luminet mostra inoltre 2 importanti fenomeni che non vengono rappresentati nell’immagine presente in Interstellar:
- l’energia e la luce sono più forti nei pressi dei confini di un buco nero;
- l’effetto Doppler causato dall’accrescimento della rotazione del disco, che fa in modo che la luce sia più brillante su un lato, in base alla direzione della rotazione.
Nell’immagine di Luminet, il disco di accrescimento ruota in senso antiorario, per cui la sua luce è più brillante sul lato sinistro e al centro, come mostrato nella immagine di Luminet, ma non in quella presente in Interstellar. Kip Thorne, l’esperto di buchi neri che ha fornito la propria consulenza al team di Interstellar, ne era perfettamente a conoscenza, ma il regista Christopher Nolan ha preferito non rappresentare il buco nero in maniera corretta per non generare confuzione negli spettatori.
Luminet ha calcolato tutto questo nel 1979 usando il mainframe di un IBM 7040, ma per creare l’immagine finale lo scienziato si è affidato all’altra sua grande passione: l’arte. Usando i dati numerici derivati dal computer, Luminet ha realizzato la sua immagine in negativo con inchiostro di china, posizionando i punti bianchi in modo più concentrato dove la simulazione ha mostrato più luce. In seguito, ha tratto da questa immagine in negativo una in positivo, trasformando i puntini neri in bianchi e lo sfondo bianco in nero.
L’immagine così ottenuta risulta ancora oggi più realistica di quella mostrata in Interstellar. Inoltre, le successive simulazioni al computer create in seguito dalla NASA mostrano gli stessi elementi dell’immagine di Luminet.
I bizzarri comportamenti di un buco nero sono divenuti qualcosa di meno misterioso di recente, grazie a delle nuove osservazioni effettuate dalle missioni della NASA Swift e al Nuclear Spectroscopic Telescope Array, o NuSTAR. Questi due telescopi spaziali hanno scoperto un un buco nero supermassiccio al centro di una esplosione gigantesca di raggi X, il che ha aiutato gli astronomi a comprendere un altro enigma: come può un buco nero generare dei brillamenti (flare)?
I flare sono un altro importantissimo elemento costitutivo di un buco nero che non è stato rappresentato in Interstellar: scopriamo di cosa si tratta.
I risultati suggeriscono che i buchi neri supermassicci proiettino delle emissioni di raggi X quando le proprie corone (fonti di particelle estremamente energetiche) vengono scagliate lontano dal buco nero:
Ecco quanto dichiarato da Dan Wilkins dell’Università di Saint Mary ad Halifax, in Canada, autore principale di un nuovo studio comparso sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society:
Questa è stata la prima volta in cui siamo stati capaci di collegare il lancio della corona a un brillamento. Questo ci aiuterà a capire come i buchi neri supermassicci alimentano alcuni degli oggetti più brillanti dell’Universo.
I buchi neri supermassicci non emettono luce di per sé, ma sono spesso circondati da dischi di materiale molto caldo e brillante. La gravità del buco nero fa scontrare contro questo materiale del gas in rotazione, surriscaldando il suddetto materiale e facendo in modo che brilli di differenti tipi di luce.
Un’altra fonte di radiazioni vicino a un buco nero è la corona, formata da particelle incredibilmente energetiche che generano luce a raggi X, ma i dettagli sul modo in cui appaiono e si formano sono tuttora un mistero.
Gli astronomi teorizzano che la corona possa avere una o due configurazioni:
- Modello a Lampione: la corona è una fonte di luce compatta, simile a quella delle lampadine, che è situata sopra e sotto il buco nero, lungo il suo asse di rotazione;
- Modello a Sandwich: la corona si diffonde in maniera più diffusa e meno compatta, come una grande nube che circonda il buco nero o come un sandwich che avviluppa il disco circostante di materiale, come fette di pane.
In realtà, è possibile che i buchi neri alternino fra loro queste due configurazioni, anche se i nuovi dati supportano il Modello a Lampione, e dimostrano come si muove la corona.
Le osservazioni sono iniziate quando il telescopio spaziale Swift, che monitora il cielo alla ricerca di emissioni di raggi X e Gamma, ha catturato la luce di un gigantesco brillamento provenire dal buco nero supermassiccio chiamato Markarian 335, o Mrk 335, situato a 324 milioni di anni luce da noi, in direzione della costellazione di Pegaso. Questo buco nero supermassiccio, situato al centro della propria galassia, una volta è stato una delle fonti di raggi X più brillanti del cielo.
Luigi Gallo, l’investigatore principale di questo progetto presso l’Università di Saint Mary, ha dichiarato che nel 2007 Mkr 335, anche se continuava ad emettere dei flare, questi non avevano gli stessi livelli di luminosità e stabilità visti in precedenza.
Nel settembre del 2014 Swift ha catturato un enorme brillamento di Mkr 335, per cui Gallo ha richiesto al team di NuSTAR di seguire il fenomeno. 8 giorni dopo, NuSTAR ha puntato i suoi occhi a raggi X sul proprio obiettivo, assistendo alla seconda parte del flare.
Dopo aver analizzato con cura i dati, gli scienziati hanno realizzato che stavano osservando l’espulsione e l’eventuale collasso successivo della corona di un buco nero:
La corona si concentra inizialmente verso l’interno, per poi essere scagliata verso l’alto come un getto. Non sappiamo ancora come si formino i getti nei buchi neri, ma è una possibilità eccitante che la corona di questo buco nero stesse iniziando a formare la base di un getto prima di collassare.
Le corone possono muoversi molto rapidamente: la corona associata a Mkr 335, stando alle osservazioni degli scienziati, stava viaggiando a una velocità pari circa al 20% della velocità della luce:
La natura della sorgente energetica di raggi X che chiamiamo corona è misteriosa, ma ora con l’abilità di vedere cambiamenti notevoli come questo stiamo ottenendo prove sulla sua dimensione e sulla sua struttura.
Fonte: The Space Academy, NASA.