Dylan Dog N° 302 – Il delitto perfetto: Recensione
Pubblicato il 17 Novembre 2011 alle 09:38
Tre storie diverse per (non) spiegare come l’Indagatore dell’incubo possa essere (non) coinvolto nell’omicidio del giornalista Mark Question, noto avversario di colui che egli ritiene solo un ciarlatano.
Dylan Dog n. 302
Il delitto perfetto
Autori: Luigi Mignacco (testi) e Bruno Brindisi (disegni).
Casa Editrice: Sergio Bonelli Editore.
Provenienza: Italia.
Prezzo: 2,70 Euro.
Anno di uscita: 2011 (Novembre)
La copertina dell’albo numero 302 di Dylan Dog può trarre in inganno: il (bel) disegno di Angelo Stano mostra l’indagatore dell’incubo intento a scappare dallo Yeti, l’abominevole uomo delle nevi. Come questa creatura spaventosa possa esser capace di compiere il delitto perfetto che dà titolo all’albo, è difficile da spiegare. Da qui l’inganno di cui sopra: in realtà l’avventura scritta da Mignacco e disegnata da Brindisi riguarda sì la neve dell’Himalaya, ma in misura comunque limitata. Si tratta piuttosto di una storia tripartita, o, meglio ancora, di tre storie alternative poste l’una accanto all’altra.
A realizzarle, i fan di Dylan Dog, che, appresa sul web la notizia dell’arresto di questi in seguito all’omicidio di Mark Question, suo noto detrattore, cercano di spiegare a modo loro l’evento, proponendo spiegazioni fantasiose volte a scagionare l’incolpevole inquilino di Craven Road. Bell’idea, indubbiamente, anche se viziata dall’eccessiva velocità con la quale gli internauti propongono le loro storie. Ma si può soprassedere: in fondo le vicende immaginate sono di gradevole fruizione, supportate come sono dai disegni di un Brindisi in forma, capace di spaziare dalle immagini innevate dei picchi asiatici a neoclassiche ville fuori città, passando per le stanze dei laboratori scientifici.
Eppure qualcosa non quadra. Saranno i testi a volte troppo dilatati, sarà l’impressione che si ha a fine lettura, quella che gli internauti siano manipolabili e in fondo un po’ sciocchi, o forse che il cattivo di turno non si riesce proprio a digerire, ma si arriva all’ultima pagina con un pizzico di rammarico: date le premesse, era lecito aspettarsi qualcosa di più.