Daredevil 18 – Il commiato di Steve Dillon e la nuova serie di Iron Fist ! | Recensione

Pubblicato il 6 Ottobre 2017 alle 10:00

Come mai nessuno ricorda più la vera identità di Daredevil ? E cosa c’entra l’Uomo Porpora ??? Charles Soule e Ron Garney ci svelano il mistero ! Al Punisher invece toccherà un altro duro scontro con gli uomini di Condor, potenziati dalla sua “super-droga”, mentre esordisce la nuova serie di Iron Fist, che lo porterà in giro per il mondo alla ricerca di se stesso e dei suoi poteri mistici !

Siamo arrivati al ventesimo numero della serie di Daredevil e finalmente lo scrittore Charles Soule ci svela il mistero dell’identità segreta del Cornetto, tornata ad essere tale dopo il rilancio All-New All-Different Marvel, che ha riportato l’eroe cieco a New York, con un nuovo costume più dark e un incarico come procuratore distrettuale.

Dopo tutti questi mesi, la “confessione” del mistero non poteva che essere rivolta ad un prete, tra l’altro un po’ sui generis, che saprà mettere a suo agio un contrito Matt Murdock grazie al suo temperamento energico e diretto. Matt del resto aveva bisogno di essere spronato in qualche modo, essendo ripiombato in una “fase oscura” della sua vita, dopo la parentesi più solare di San Francisco.

Soule reintroduce quindi l’elemento religioso nelle storie del Diavolo di Hell’s Kitchen, molto presente sin dalla famigerata gestione Miller, facendo riaffiorare i sensi di colpa e il disperato bisogno di assoluzione/redenzione che da sempre lo affligge e lo tormenta. La fede di Matt spesso ha vacillato, ma nei momenti più bui rimane la sua unica ancora di salvezza, che in più di un’occasione è riuscita a tirarlo fuori dal baratro e indicargli la luce in un mare di oscurità.

Tornando al mistero della sua identità segreta, invece, l’escamotage che viene utilizzato dallo scrittore riguarda Zebediah Killgrave, meglio conosciuto come l’Uomo Porpora, e i suoi figli ( i Bambini Porpora ), i quali hanno il potere di condizionare le menti, come ben sanno anche i fan di Jessica Jones.

Senza entrare troppo nei particolari, ci possiamo limitare ad affermare che si tratta di una trovata piuttosto grossolana e tirata per i capelli, che ricorda molto il colpo di spugna inflitto al Tessiragnatele in Soltanto un altro giorno, quando un patto con Mefisto non solo fece dimenticare a tutti la sua vera identità, ma cancellò anche il matrimonio con Mary Jane

Spesso gli stravolgimenti epocali sono armi a doppio taglio e una volta intrapresa quella strada è difficile tornare indietro, se non tirando fuori dal cilindro questi artifizi, che risolvono in maniera sommaria e discutibile la situazione, tornando allo status quo originario. Questo è il caso del nostro Daredevil, che comunque ci ha guadagnato nel cambio di direzione imposto da Soule, in quanto le atmosfere più cupe e hard-boiled si addicono decisamente di più al personaggio.

La storia nel complesso è ben costruita e alterna sapientemente azione e introspezione, ma purtroppo è proprio l’idea di fondo che non regge e risulta poco credibile. Sempre convincente invece il tratto ruvido ed essenziale di Ron Garney, accompagnato dalla colorazione fredda e basilare di Matt Milla, che imprime alla serie un’identità grafica unica e ben riconoscibile.

Passiamo poi alla serie del Punisher, che proprio in questo numero parte con un nuovo story-arc, direttamente collegato al precedente, ma che purtroppo si segnala per essere l’ultimo disegnato dal compianto Steve Dillon, matita storica del personaggio, noto soprattutto per le sue collaborazioni con lo scrittore Garth Ennis.

Anche il suo tratto pulito e preciso era molto peculiare, e non a caso si nota subito la differenza quando subentra in alcune tavole l’altro disegnatore Matt Horak, che tenta di imitare lo stile di Dillon, ma senza i medesimi risultati.

A livello di trama, invece, la scrittrice Becky Cloonan ci presenta una classica storia del Punisher, con tutti i cliché del caso: tanta azione, violenza e sparatorie a go-go. Niente di nuovo o di particolarmente originale, insomma, ma comunque una lettura godibile, senza troppe pretese, che scorre via piacevolmente.

Ma la vera novità di questo numero è l’esordio della nuova serie in assolo di Iron Fist, scritta da Ed Brisson e disegnata da Mike Perkins. Le tavole cupe e realistiche di Perkins ci fanno subito capire che non si tratta di una serie ironica come quella degli Eroi in Vendita, letta nei numeri scorsi. Stavolta i toni sono decisamente più introspettivi e drammatici.

Danny Rand infatti ha perso il suo chi e quindi l’iron fist. Non possiede più i suoi poteri e si sente perso. Per questo vaga per il mondo in cerca di se stesso, mettendosi alla prova in gare di combattimento clandestine, che però non lo soddisfano. Questo finché non gli viene proposto di salpare alla volta di una misteriosa isola, per affrontare dei maestri di kung-fu

Siamo solo all’inizio, ma la trama imbastita da Brisson sembra interessante e ci propone un Iron Fist afflitto e demotivato, pronto a tutto pur di riconnettersi al suo lato mistico. Questo aspetto del personaggio è molto più accattivante di quello sbruffone e spavaldo visto nella serie con Cage, che li faceva assomigliare a una versione supereroistica di Bud Spencer e Terence Hill. Questa nuova serie ricorda invece un film di Bruce Lee o di Van Damme, ma anche un picchiaduro alla Mortal Kombat, vista l’attenzione rivolta al combattimento e alle arti marziali, elemento centrale della narrazione.

Chiude l’albo l’ultima parte delle miniserie Elektra: The Hand, che ci racconta le origini della Mano, la temibile setta di assassini ninja contro cui spesso si è scontrato Daredevil. La trama del giapponese Akira Yoshida è piuttosto banale e superficiale ed espone gli eventi che hanno portato all’origine della setta in maniera frettolosa e senza il minimo pathos. I disegni di Christian Gossett, poi, sono degni di un dilettante alle prime armi, per cui servono solo a dare il colpo di grazia a una miniserie del tutto trascurabile.

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