Quello che mi sta succedendo: la storia di un intraperdente | Recensione

Pubblicato il 8 Ottobre 2017 alle 17:00

Trent’anni, disoccupato, apparentemente senza una vita di uscita: questo tristemente attuale scenario è il punto di partenza del graphic novel Quello che mi sta succedendo, dello spagnolo Miguel Briva, cronaca realista ma anche surreale di un mondo in crisi abitato da personaggi in crisi.

È normale essere in crisi, quando è l’intero mondo ad essere in crisi: e ad essere in crisi è anche il protagonista di Quello che mi sta succedendo. Diari e deliri di un giovane intraperdente (gioco di parole che si mantiene anche in italiano), romanzo grafico di Miguel Brieva edito da Eris Edizioni. L’autore è pressoché sconosciuto in Italia, ma in Spagna è noto soprattutto per il suo stile di disegno vintage e per raccolte di storie brevi: Quello che mi sta succedendo è, infatti, il suo primo fumetto lungo.

Il fumetto si presenta come un diario scritto direttamente dal protagonista, il trentenne Victor Menta. Il suo nome potrebbe far scappare un sorriso, ma in realtà la sua esistenza è parecchio deprimente: disoccupato, con un’inutile laurea in Geologia e sempre più depresso, frequenta inutilmente il Centro per l’Impiego e da qualche tempo lo segue anche una psicologa. Infatti Victor è perseguitato da allucinazioni visive, con le quali si ritrova a dialogare abbastanza spesso (soprattutto con Aparicio, mascotte per pubblicità ingannevoli).

Victor ci racconta i suoi sogni insoliti, le sue conversazioni con i personaggi che solo lui riesce a vedere, ma anche le giornate con amici che si ritrovano nella sua stessa situazione: giovani senza un contratto o con un lavoro precario, che si ritrovano periodicamente a festeggiare la loro “intraperdenza” e che, tutto sommato, trovano alternative “fuori dal sistema” per sopravvivere.

Attraverso il personaggio di Victor, l’autore non solo offre uno spaccato di quello che migliaia di giovani ventenni e trentenni stanno subendo – una sorta di “mezza esistenza”, di isolamento sociale, di crisi economica e di decadenza dei valori – ma critica con severità  la disumanizzazione della società, imprigionata in un mondo spietato, completamente diverso da quello che vorremmo che fosse, da quello che dovrebbe essere.

Un fumetto con questo tipo di tematiche non poteva che avere un solo stile di disegno, quello dei fumetti underground anni Sessanta, a cominciare da Robert Crumb. Il tratto di Brieva è sicuramente influenzato da quel mondo: fa tesoro della lezione di Crumb e degli altri autori di quel periodo e, oltre a questo aggiunge un colore, l’arancio, per indicare i personaggi surreali che solo Victor può vedere.

Per finire, Quello che mi sta succedendo non è solo la storia di Victor Menta, ma anche quella di un’intera generazione. L’unica pecca di questa graphic novel sta nel finale, non convincente e un po’ frettoloso considerate le premesse: un finale che si sforza di chiudere la storia in modo ottimistico, ma che lascia nell’incertezza.

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