Will & Grace Revival – 9×01 11 Years Later | Recensione

Pubblicato il 1 Ottobre 2017 alle 11:00

Il tempo non è passato per i quattro amici più matti della tv… si è fatto solo più politico. E single.

“E’ come se il tempo non fosse passato” insistevano i promo di NBC per il ritorno di Will & Grace in tv. Ora che abbiamo visto il primo episodio del revival – di fatto una nona stagione – possiamo dire che, incredibilmente, le cose stanno proprio così, e non come lo si direbbe a cuor leggero per qualsiasi serie che ha fatto la storia ed è tornata in tv con nuovi mirabolanti episodi dopo anni.

Nonostante siano passati 11 anni – come ci ricorda meta-televisivamente il titolo della premiere – le battute e la freschezza tanto degli autori David Kohan & Max Mutchnick quanto degli interpreti Eric McCormack, Debra Messing, Megan Mullally e Sean Hayes è rimasta intatta. Proprio come quasi un ventennio fa Will & Grace rivoluzionò il mondo delle sitcom e della tv per il suo modo di affrontare in salsa comedy il mondo LGBT, ora si appresta ad analizzare nella stessa chiave ironica l’attuale situazione negli Usa.

La presidenza Trump è stata sicuramente d’aiuto in questo, visto quanto il mondo dello showbiz e delle “minoranze” si siano sempre dichiarati apertamente contro il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America; il revival d’altro canto è nato proprio da quel mini-episodio dedicato alle presidenziali per promuovere la campagna di Hillary Clinton. Gli autori, bisogna ammetterlo, sono stati furbi a sfruttare anche il personaggio di Karen come altra faccia della medaglia: apertamente pro-Trump e pro-ricchi, la donna Martini-dipendente e segretaria-per-noia diviene solamente la cartina di tornasole per far risplendere ancor più la presa di posizione anti-trumpiana del telefilm.

Se da un lato tutto ci ricorda il passato (la sigla) ma è fortemente legato al presente (Grindr), l’apertura ancor più politica viene inserita da subito in questa prima puntata direttamente nella trama: Will ha una cotta per un membro del Congresso apertamente trumpiano mentre Grace ha l’incredibile offerta di lavoro – tramite Karen – di ridecorare lo Studio Ovale. Ovviamente nessuno dei due lo dirà all’altro per paura di fare la figura dell’ipocrita e le conseguenze saranno tanto divertenti quanto disastrose… come solo Will & Grace sa fare.

L’unica nota dolente di questo revival? L’escamotage con cui gli autori hanno deciso di ignorare totalmente il finale dell’ottava stagione – in cui per anni WIll & Grace non si sono parlati, si sono sposati e hanno avuto due figli che fra loro si conoscono e si innamorano. In due momenti meta-televisivi che strizzano volutamente l’occhio agli spettatori viene presa in giro l’idea stessa del revival e viene rivelato che il finale era di fatto un sogno di Karen e che Will stava davvero con Vince (Bobby Cannavale) e Grace con Leo (Harry Connick Jr.) ma entrambi ora sono single e divorziati e tornati a vivere insieme – temporaneamente. Così come Jack vive in fondo al pianerottolo e Karen è ancora ricca e Stan è ancora vivo. Sappiamo già che Vince e Leo torneranno nel revival – quindi un po’ di continuità verrà data alla storia, auspicabilmente – mentre Rosario (Shelley Morrison) non sarà della partita.

La battuta finale, già vista nei promo, sul fatto che questo revival sarà un successo perché sappiamo già che sarà tutto uguale (complici le acconciature, i vestiti e le location ricreate – o semplicemente recuperate – dalla produzione) prende in giro lo stesso concetto di revival, e ci può stare. Quello che è meno accettabile è la battuta iniziale del sogno, in cui Karen dice “Chi è che vorrebbe vedere questi due avere una famiglia e crescere dei bambini?” Beh, francamente, noi spettatori l’avremmo voluto, sarebbe stata un’evoluzione naturale della sitcom così come degli anni che sono passati e dei personaggi che sono cresciuti (non solo d’età). Non avrebbe necessariamente intaccato lo spirito irriverente o le critiche-riflessioni politiche-lgbt. Si può cambiare pur rimanendo se stessi: Will & Grace rimarrà nel firmamento delle sitcom, ma non per il coraggio di evolversi.

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