Battaglia – Lo Stalliere | Recensione

Pubblicato il 29 Settembre 2017 alle 10:00

Ci sono un imprenditore e un vampiro. Sembra l’inizio di una barzelletta, ma non lo è.

Per un industriale in rapida ascesa un efficace braccio armato è fondamentale per raggiungere i suoi obbiettivi, a qualsiasi costo. E’ questo l’incipit semplice ma efficace di Battaglia – Lo Stalliere capitolo dovuto delle avventure del vampiro siciliano il quale, avendo attraversato in lungo e largo la storia del nostro paese, non avrebbe non potuto per forza di cose incontrare quel Silvio che la storia dell’Italia l’ha monopolizzata prima come imprenditore e poi come politico spaccando l’opinione pubblica e vivendo stagioni esaltanti ma anche tribolate con il doppio filo conduttore del gossip e dei sempre presenti guai giudiziari.

Chiariamo subito che Lo Stalliere è diverso dal precedente Ragazzi di Morte sia nella forma che nel contenuto.

Dario Sicchio infatti imbastisce una storia esagerata come altro non si poteva fare quando di mezzo c’è Silvio. Si inizia nei primi anni ’80 con il reclutamento di Battaglia da parte di Marcello braccio destro di un Silvio ancora solo imprenditore ed in procinto di lanciare le sue televisioni private, da lì in poi si attraverseranno 30 anni di storia d’Italia dalla stagione degli attentati di Mafia passando per la discesa in campo politica del Cavaliere fino ai recenti guai giudiziari legati alle feste di Arcore.

Con una prosa sporca e sesso in abbondanza – il pensiero fisso di Silvio – l’autore descrive il controverso rapporto fra Battaglia ed il suo datore di lavoro, un rapporto ambiguo ma in cui risiede la chiave di lettura di questo albo.

Inizialmente Battaglia è affascinato da questa figura: Silvio è schietto vuole cambiare gli equilibri dell’Italia e vuole farlo rovesciando quella sistema fatto di sacrifici e rinunce promosso da una classe politica che Battaglia ha servito, volente o nolente, rimanendo di fatto un servo dei potenti ed ammazzando gente ma non scegliendo chi ammazzare.

Il cinismo ed il nichilismo da sempre tratti distintivi e dissacranti di Battaglia sembrano così cedere sotto i colpi dell’idealismo e dell’egocentrismo di Silvio che fa leva sul carattere “indipendente” del vampiro anche quando lo stesso Silvio lo “tradirà” scendendo in politica. In un tesissimo scambio di accuse infatti il Cavaliere riuscirà a convincere il Vampiro che la politca è un passaggio obbligato per perseverare e continuare ad attuare quel cambiamento nella cultura che altrimenti gli sarebbe stato precluso dai suoi nemici.

Ma il patto stretto fra i due non potrà durare a lungo anche perché il sistema creato da Silvio inizia ben presto a scricchiolare. Le strade dei due, tracciate parallelamente, iniziano a divergere.

E’ qui che Dario Sicchio riesce a sovrapporre realtà e finzione, a compenetrare la storia del nostro paese, e rendere benissimo l’idea di quanto sia fallace il sistema-Silvio: è impossibile pensare che il denaro possa mettere a tacere tutti e tutto così come è impossibile pensare che “gli amici degli amici” sposino gli stessi ideali di Silvio anziché sfruttarli a proprio piacimento.

L’autore riesce benissimo a rendere questa separazione di intenti facendo lentamente ma inesorabilmente maturare i due personaggi: Silvio è fiero, sicuro, spavaldo negli anni ’80 ben presto però l’idealismo cederà il passo ai vizi ed all’inebriante gusto del potere. Battaglia è quasi un eroe dei film d’azione degli anni ’80 – la violenza è quasi cartoonesca e spesso si tocca l’umorismo – ma il vampiro presto si incupirà e la brutalità prenderà il sopravvento.

Battaglia inoltre mai come in questo albo assume i tratti dell’anti-eroe: rovesciare il sistema vecchio per quello nuovo porta il vampiro a rendersi conto che quella zona grigia dove opera è più affollata di quanto pensasse. La speranza predicata da Silvio è uno specchietto per le allodole di un “regime” supportato dal terrore e mentre il vampiro diventa una coscienza sporca e violenta di una Italia che alza la testa sempre troppo tardi, lo stesso Silvio diventa un uomo piccolo-piccolo in balia degli eventi e soprattutto burattino di quelli stessi “amici degli amici” che lo avevano supportato/sopportato finché faceva comodo.

In Ragazzi di Morte lo scontro fra Battaglia e Pasolini era esistenzialista ed ermeneutico qui contro Silvio è ideologico e storico-materialistico.

Piccola nota sul finale assolutamente inaspettato e che fa presagire che la prossima avventura di Battaglia – che speriamo arrivi prestissimo – abbia un respiro per così dire internazionale…

Francesco Prenzy Chiappara disegna l’albo in maniera… spiazzante. Sì perché il suo tratto è cartoonesco e deformed e si scontra con i suo predecessori che invece alternavano stile realistici e/o stilizzati per esaltare il “buio” del personaggio e delle situazioni. Chiappara invece fa letteralmente risaltare le figure ricavandole da un contrasto netto fra il bianco ed il nero accentuando i tratti grotteschi dei protagonisti e degli avvenimenti. La costruzione della tavola è semplice ma ritmata in maniera molto efficace alternando riquadri orizzontali e verticali ed intervallando le tavole con alcune splash page singole ed una doppia che mostra anche una certa influenza televisiva nella coreografia soprattutto.

Chiappara disegna Battaglia con personalità e questo è fondamentale per misurarsi con Battaglia.

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