Star Trek: Discovery 1×01 – 1×02 – 1×03 | Recensione
Pubblicato il 6 Ottobre 2017 alle 15:00
“Ogni forma di vita nasce da caos e distruzione.”
Dopo il quinto Beatle in Star Trek: Discovery scopriamo che fine ha fatto il terzo Daft Punk: invece di arrivare sulla Terra per portarci la musica del futuro, è rimasto direttamente nel futuro, si è arruolato nella flotta spaziale e all’inizio della serie è dispiegato sulla U.S.S. Shenzhou. Compare per pochissimo ma è chiaramente un Daft Punk, e quel poco che vediamo di lui mi ha fatto venire voglia di pretendere una serie spin-off incentrata sulla sua vita (che sicuramente è stata straordinaria).
Un’altra cosa straordinaria è la capacità che Bryan Fuller (Hannibal, American Gods) e Alex Kurtzman (lo abbiamo visto recentemente dirigere il pessimo La Mummia con Tom Cruise) hanno dimostrato nel saper riadattare il mondo di Star Trek in questa nuova serie televisiva prodotta da CBS: la migliore fantascienza che si possa desiderare ci spiega noi stessi e il nostro presente parlandoci dal futuro (come i Daft Punk fanno con la musica, tutto torna) ed è questo che i due showrunner stanno cercando di fare nei primi episodi di Discovery.
E così abbiamo fanatici religiosi Klingon che se ne infischiano delle linee di confine sputando su ogni possibilità di dialogo e/o armistizio (sembrano un mix fra Kim Jong-un e Donald Trump) contrapposti a protagoniste figlie dell’incontro fra culture ed educazioni differenti (Michael Burnham, interpretata da Sonequa Martin-Green, è il primo essere umano ad aver studiato su Vulcano, ed è perennemente in contrasto fra i suoi sentimenti da umana e la sua istruzione vulcaniana).
I primi due episodi sono un lungo prologo a ciò che vedremo nel resto della stagione: a parte la prima scena, ambientata su un bellissimo pianeta desertico, le prime due ore di Discovery non sono ambientate a bordo della Discovery (ma della già citata U.S.S. Shenzhou) e, oltre a presentarci il personaggio della Martin-Green, mette in scena una lunghissima battaglia spaziale a suon di colpi strategici che ha il sapore delle vecchie partite a scacchi politiche dei tempi della Guerra Fredda.
Purtroppo accade che spesso e volentieri chi è al comando si ritrova a compiere scelte che potremmo definire discutibili (per non dire assolutamente ridicole) e in questo senso la sceneggiatura ne esce un po’ con le ossa rotte, soprattutto dal punto di vista dell’imprevedibilità e della suspance. Ma le fondamenta sulle quali Fuller e Kurtzman poggiano le prime due ore di Discovery sono talmente solide – per stile, messa in scena e tematiche – che è difficile sorprendersi quando, col terzo episodio (cioè l’episodio in cui la serie inizia davvero), alle buone premesse viene ad aggiungersi anche il divertimento.
Arriva Jason Isaacs, alcune scene ricalcano l’Alien di Ridley Scott, si ride, c’è tensione, ci sono misteri; ma soprattutto ci sono due nomi importanti come Fuller e Kurtzman dietro questo prequel targato CBS, quindi dopo le prime tre ore della stagione mi sento di dire che gli elementi per un’ottima serie sci-fi ci sono tutti.
Non resta da vedere come si evolverà la situazione nelle prossime settimane.