Residenza Arcadia | Recensione
Pubblicato il 15 Settembre 2017 alle 10:00
Può un microcosmo rappresentare la realtà che ci circonda? Assolutamente sì. E Residenza Arcadia ne è la testimonianza.
Daniel Cuello con Residenza Arcadia è al suo primo lavoro. Ciò che ha realizzato con questo graphic novel edito da Bao Publishing è la riproposizione della routine quotidiana di un condominio come tanti, fatto di anziani inquilini, amministratori che tentano d’intermediare tra le varie tensioni dei condòmini, litigi e vita privata nascosta dietro l’apparenza di un pianerottolo.
Il primo impatto che si ha iniziando la lettura di Residenza Arcadia è una sorta di straniamento: cosa può esserci di così tanto interessante nella rappresentazione della quotidianità della vita di un palazzo? L’ottimo aspetto grottesco dei disegni, che rendono molto bene a livello visivo alcune situazioni umoristiche, non sembra giustificare 172 pagine di storia. Almeno inizialmente.
Ma con il procedere della lettura s’intuisce che Residenza Arcadia è molto di più: è una metafora. Ogni personaggio rappresenta un elemento della società, c’è il giovane Ettore, ospite degli zii, che apparentemente è un metallaro introverso, ma che in realtà nasconde paure e sentimenti incapaci di trovare un vero ascoltatore. C’è l’anziana Mirta, che vive delle melodie dei suoi uccellini. E poi c’è l’ex uomo d’esercito Dimitri, ora in pensione, ma che nasconde dietro l’austerità del suo comportamento una storia d’amore inespressa e contraddittoria.
Ma sopratutto c’è Ester: la donna più anziana del palazzo, rappresentata da Cuello con occhi rossi, visivamente inquietante. Lei è la principale oppositrice ad ogni cambiamento, la persona che sarebbe disposta a tutto pur di mantenere l’ordine prestabilito delle cose (secondo la propria logica di pensiero).
La storia andando avanti con la lettura s’intensifica sempre di più fino ad arrivare ad un finale delirante e nel quale ognuno di noi ritroverà, attraverso i meccanismi di Residenza Arcadia, lo specchio della società di oggi e di una certa mentalità, secondo la quale il mantenere l’ordine prestabilito delle cose è la regola, l’obbligo, oltre il quale non esiste nulla.
Fa impressione il fatto che Daniel Cuello grazie ai suoi disegni ed a questa storia semplice ma davvero molto incisiva riesca a dare uno spaccato significativo di una certa mentalità conservatrice (sopratutto auto-conservatrice) che alimenta tante paure, e crea così tanta intolleranza al giorno d’oggi.
Inoltre, ancora più efficaci sono le parole spesso ficcate in bocca all’ex militare Dimitri, il quale cita spesso il patriottisimo per la Nazione, e l’importanza e la compattezza del Partito. I protagonisti di Residenza Arcadia vivono infatti in una sorta di realtà distopica nella quale c’è un solo partito a detenere il potere, e lo fa apparentemente (almeno secondo il pensiero di Dimitri) per mantenere l’ordine e la sicurezza. Ciò che invece porta con sé il Partito è paura e insicurezza, tanto che si ventila l’idea di una guerra imminente.
Il finale anche in questo senso lascia aperta una speranza, e l’idea che anche i conservatorismi più insensati possano passare e scorrere. Così come la vita all’interno di un palazzo, che a furia di rimanere chiuso dentro le logiche di vecchi pensieri autolesionistici molto presto finirà per diventare una stantia e inospitale costruzione. Magari pronta per essere demolita.
Un primo lavoro, quello di Daniel Cuello, sceneggiatore e disegnatore dell’interno volume, capace d’insinuarsi poco per volta dentro la testa e la pancia del lettore. Una storia semplice, quotidiana, che a mano a mano che scorre sarà in grado di regalare una grande metafora, e farci specchiare in una realtà quotidiana, che a volte tramite filtri di telegiornali, siti, social network e talk show vari non riesce a penetrare pura e semplice così come solo l’arte sa fare: con una battuta fulminante, ed un disegno accennato.
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