All Eyez On Me di Benny Boom | Recensione
Pubblicato il 7 Settembre 2017 alle 20:00
Dopo i pessimi Next Day Air e S.W.A.T.: Firefight, Benny Boom dirige il biopic incentrato sulla figura del leggendario rapper Tupac Shakur.
C’è del marcio in Danimarca.
Non riesco a trovare una frase d’apertura migliore per questa recensione, nella quale si parlerà del pessimo (davvero, davvero pessimo) All Eyez On Me. Del resto Shakespeare (che ha influito non poco sulla complessità lirica e sulla profondità emotiva dei testi di Tupac Shakur) verrà citato moltissime volte nel corso del film, così tante volte che viene da chiedersi come mai un film che si diverte a citare Shakespeare in continuazione possa essere così scarno, così vuoto, così privo di passione o di enfasi o di qualsiasi cosa, così poco shakespeariano (considerato il materiale di partenza, infatti, i toni da tragedia shakespeariana sarebbero calzati come un guanto a questa produzione).
Invece è un’assoluta debacle, quella diretta da Benny Boom: ben 140 minuti di sequenze montate insieme che non riescono a coinvolgere, ad emozionare, a commuovere, ad esaltare, ma solo ad annoiare (profondamente) e a far riflettere (intensamente) su come si sia potuti arrivare ad un tale disastro.
E visto che ho avuto 140 minuti per pensarci, adesso ve lo spiego.
In primo luogo, si tratta di uno dei più inutili biopic musicali mai creati. Se siete fan del rapper/profeta Tupac Shakur, All Eyez On Me non vi dirà nulla di più che già non sapete. Se non avete mai sentito parlare di quello che è una delle più grandi figure musicali di tutti i tempi, All Eyez On Me di certo non vi farà venire voglia di approfondire la conoscenza (forse la colonna sonora potrà stuzzicarvi: in quel caso, a parte la sua discografia, recuperate il documentario Resurrection, o visionate la pagina di Wikipedia dedicata – che di certo è più fornita di questo film).
In secondo luogo, la figura del protagonista viene ridotta ad una mera impersonificazione. Demetrius Shipp Jr. non fa nulla per diventare Tupac se non vestirsi come Tupac: il suo unico merito è quello di assomigliare terribilmente al compianto e geniale artista, ma assomigliare non basta mai nel cinema, soprattutto quando si è chiamati ad interpretare una figura così sfaccettata, così controversa, così assolutamente umana e figlia dei suoi tempi.
E ancora: il film sembra essere molto più interessato a mostrare che a raccontare, solo che il tutto sfocia quasi sempre nel ridicolo, soprattutto quando Boom prova a mettere in scena momenti storici e/o outfit iconici del rapper e della sua crew con la dovizia di particolari di un regista di fan-film.
Per non parlare della scorrettezza che Boom si permette di fare nella scena in tribunale: il controverso caso di violenza sessuale che vide coinvolto il rapper, qui viene contestualizzato all’interno di quella che è (o sarebbe, o dovrebbe essere) la narrazione di una biografia, con Tupac e la sua presunta vittima che ci vengono mostrati mentre ballano sulle note di Bump & Grind di R. Kelly la notte precedente, notte che si conclude con Shakur che sfugge alle avances della donna e va a coricarsi in un’altra stanza. E addirittura, al momento del verdetto, Boom inquadra in primo piano la donna e ha perfino il coraggio di dipingerla come una sorta di villain, mostrandocela mentre festeggia allegramente coi suoi avvocati e quasi si fa beffe del protagonista.
Non ci siamo. Non ci siamo in nessun modo.
Non c’è estro artistico, non c’è carisma, non c’è nulla nelle immagini filmate da Boom che possa sperare di rendere quanto meno giustizia alla vita e alla carriera di un artista che in soli 25 anni di vita ha rivoluzionato tanto il genere musicale d’appartenenza quanto l’America intera.
La più grande delusione per i fan di Tupac, poi, è che d’ora in avanti All Eyez On Me non sarà mai più soltanto uno dei più grandi dischi mai incisi. Come si dice, oltre al danno anche la beffa. E l’unica parte che davvero valga qualcosa – l’epilogo durante i titoli di coda, con un’intervista del vero Tupac – è anche quella che più fa rimpiangere la mancanza di un buon film sull’uomo, il mito, la leggenda: “Magari non cambierò il mondo di persona, ma di sicuro influenzerò la mente della persona che un giorno il mondo lo cambierà”. Ecco, Benny Boom non è quella persona.