They’re not Like Us Vol.1 e 2 | Recensione
Pubblicato il 30 Agosto 2017 alle 10:00
Eric Stephenson racconta la storia di un super gruppo, una sorta di X-Men 2.0, che è anche uno spaccato metaforico della società di oggi sempre pronta a distinguere tra “Noi” e “Loro”.
Dagli anni novanta ad oggi viviamo in una perenne Generazione X. Giovani dai 18 ai 38 anni vengono da più di due decenni messi a confronto con una società che non sembra essere fatta a loro misura. Il conflitto tra padri e figli è esasperato all’ennesima potenza.
In un contesto del genere proporre qualcosa come They’re Not Like Us, targato Image Comics ed edito in Italia da saldaPress, diventa un atto di critica sociale. Lo fecero ai loro tempi Stan Lee e Jack Kirby, quando crearono nei primi anni sessanta gli X-Men. Ed Eric Stephenson con They’re Not Like Us non ha fatto altro che riproporre la formula X-Men in una versione contemporanea e matura.
La storia racconta di una ragazza, Syd, esasperata dai suoi problemi mentali che decide di farla finita. In realtà il suo percorso è appena iniziato. Syd verrà infatti salvata da un uomo chiamato The Voice che la introdurrà all’interno di un gruppo formato da ragazzi dotati di poteri telepatici, gli stessi posseduti da lei stessa.
Il continuo confronto tra il “Noi”, inteso come il gruppo di ragazzi con i poteri, ed il “Loro”, inteso come il resto della società ritorna spesso sia a livello narrativo che grafico. I disegni di Simon Gane rappresentano spesso il super gruppo dei telepatici in mezzo alla gente comune: le loro figure si confondono all’interno della massa facendoli apparire come ragazzi qualsiasi, ma la realtà delle cose è ben diversa.
Il primo volume di They’re Not Like Us, intitolato “Buchi Neri per la Gioventù”, si sofferma molto sulla ricerca d’identità di Syd, la quale cercherà di capire se quella casa isolata (un po’ in stile Fight Club) di quel quartiere di San Francisco dove convive assieme a quel gruppo di giovani sia il posto giusto in cui stare. Syd fa una sorta di percorso di formazione, una presa di coscienza che la porterà a cambiare e ad essere più matura, a coltivare la propria specialità.
Sì perché i ragazzi dai poteri telepatici sono speciali, ma Syd lo è ancora di più. Inotre il primo volume di They’re Not Like Us si sofferma con attenzione sulle singole personalità dei giovani del gruppo, e soprattutto sulle loro debolezze. La fragilità è l’elemento comune, che ognuno declinerà a secondo della propria sfaccettatura. Vedremo così l’estrema fragilità di Blurgirl, la sicurezza e la sfrontatezza di Moon, l’inquietudine di Misery Kid.
Il paragone tra They’re Not Like Us e X-Men viene automatico durante la lettura. Ma mentre le storie dei supereroi della Casa delle Idee sfociano quasi sempre nel fantastico, nel fumetto di Eric Stephenson troviamo un misto tra spy e drama. Spesso l’attenzione viene puntata sui drammi e sulle insicurezze personali dei protagonisti, mentre The Voice anziché essere il protettivo dottor Xavier della situazione appare come una sorta di oscuro manipolatore.
Insomma in They’re Not Like Us ci sono tutti gli elementi per un fumetto gustoso, maturo e avvincente. Ciò che non convince molto è il ritmo dilatato della narrazione, che a volte viene troppo appesantito da lunghi dialoghi che si alternano a tavole dal ritmo molto rapido.
E proprio le pagine riservate ai dialoghi fitti ed all’esplorazione del dramma dei personaggi spesso risultano non essere molto efficaci. Piuttosto che far riflettere il lettore sembrano sfruttare in maniera un po’ retorica il tema del disagio sociale dei ragazzi, e della difficoltà di esternare le proprie diversità. Insomma ottima l’idea di base Eric Stephenson, ma il colpo non è andato del tutto a segno.
I disegni di Simon Gale riescono ad amalgamare bene la struttura a gabbia da comics americano con lo stile visivo da fumetto indipendente, con tocchi resi ancora più raffinati dai colori di Jordie Bellaire. Insomma, leggendo They’re Not Like Us sembra di trovarsi spesso all’interno di un fumetto franco-belga con ritmi, ambientazioni e toni da fumetto americano (quali in realtà è).
Il secondo Volume invece, intitolato “Noi contro Voi”, dà maggiore spazio all’azione ed alla violenza (condita anche con qualche dose di splatter). La storia s’infittisce d’intrighi ma non riesce ad assere avvincente quanto vorrebbe. Quasi quasi si avrebbe più voglia di seguire i ritmi action-drama delle avventure dei ragazzi dai poteri telepatici che gli intrighi di The Voice e dei personaggi che tentano di manovrare il super gruppo.
Quindi They’re Not Like Us è un ottimo soggetto inserito all’interno di una storia non del tutto appagante. Sicuramente è un ottimo spaccato metaforico della società e del contesto di questi primi anni duemila, fatti di tante diversità razziali e sociali in cerca di un’amalgama e che spesso si ritrovano a fare i conti con un contesto che tende più a differenziare che includere.
Come dire, oggi più che mai, la società che a parole tende a essere inclusiva, nella realtà dei fatti è quella che divide il mondo tra “Noi” e “Loro”.