Kingsport Stagione 1 | Recensione
Pubblicato il 25 Agosto 2017 alle 10:00
Dario Sicchio, Letizia Cadonici e Francesco Segala ci portano nella provincia americana per un thriller dalle tinte paranormali.
Kingsport, MA. La città sta per essere evacuata a causa di una tempesta. Ma la tempesta non è l’unico evento “eccezionale” che la cittadina ha vissuto ultimamente: un anno fa infatti la piccola comunità è stata sconvolta da una serie di terribili delitti la cui vittime erano bambini. Mentre l’agente Ann Upton visita i cittadini che hanno deciso di restare nelle proprie case misteriosamente decisi ad affrontare l’uragano, il presunto colpevole di quegli omicidi, scagionato per mancanza di prove, Mitchell Royce riceve la visita di un misterioso intruso.
Con queste premesse Dario Sicchio decide di farci conoscere la variopinta comunità di Kingsport e giocando molto bene con lo sfondo scelto, una provincia americana che ricorda il miglior Stephen King, inizia un viaggio in cui scopriremo che tutti nella piccola cittadina del Massachussets nascondono un segreto.
Lo scrittore sembra voler fondere due “generi” ben precisi per questa serie, il thriller ed il paranormale, i quali inizieranno ad intrecciarsi pian piano nel corso dei capitoli culminando nel cliffhanger finale necessario preludio alla seconda stagione.
Lo scenario dell’evacuazione si sposa bene quindi con il mistero intorno allo sparuto gruppo di abitanti che ha deciso di rimanere in città noncurante della tempesta, e su cui Ann, la nostra protagonista, indaga mentre parallelamente seguiamo le vicende del padre di Ann – lo sceriffo che aveva scoperto un anno prima i brutali omicidi che avevano sconvolto la cittadina e vittima di un esaurimento nervoso – e quello del presunto killer Mitchell Royce il quale viene condotto in un surreale viaggio (dentro sé stesso?) da un ospite misterioso.
E’ una narrazione che si snoda quindi attraverso diversi personaggi e situazioni e l’abilità di Sicchio è tutta nel mantenere alta la tensione del lettore grazie ad un ritmo ed ad un taglio televisivo che ricorda in certi momenti la prima bellissima stagione di True Detective di Nic Pizzolatto, evidente in tal senso la scelta di far “scoprire” i personaggi anziché caratterizzarli subito in maniera netta.
L’autore riesce sapientemente ad indirizzare questa tensione crescente nel finale: da un lato il confronto fra i cittadini decisi a rimanere in città con Ann nel mezzo, dall’altro Mitchell Royce e la “rivelazione” del suo ospite mentre il proprio il padre di Ann, fino a quel momento personaggio secondario, mostra che “l’esaurimento” che l’aveva colpito forse era qualcosa di più profondo ed inquietante.
L’unico appunto che si potrebbe muovere all’autore è quello di aver relegato solo alla parte finale dell’albo lo sviluppo dell’elemento soprannaturale: scelta sicuramente dettata dalla macro trama della serie ma che lascia comunque un po’ spiazzati.
Parte grafica affidata a Letizia Cadonici e Francesco Segala. Interessantissimo l’approccio della disegnatrice che unisce un gusto di un certo fumetto iberico e sudamericano con linee affusolate che ricordano un Corrado Roi meno stilizzato il tutto incastrato in una costruzione della tavola molto chiara e lineare dove fanno capolino alcune “distorsioni” della prospettiva ed inquadrature che recuperano l’estetica guro così come è stata filtrata da disegnatori occidentali come Travel Foreman. In una storia pressoché senza scene d’azione la Cadonici inoltre giganteggia nel rendere “tangibile” la tensione che è la spina dorsale del plot imbastito da Sicchio grazie ad un uso attento dell’interazione fisica fra i personaggi, con particolare attenzione agli sguardi, che viene sempre evidenziata con tagli dei riquadri della tavola mai banali e che “sottointendono” in maniera efficacissima tratti salienti di personaggi e situazioni.
Di contro Segala dimostra di essere uno dei migliori coloristi attualmente attivi in Italia. A dimostrazione di questa affermazione c’è il lavoro “umorale” svolto qui: giocando nella contrapposizione fra toni freddi, ma sarebbe meglio dire algidi, e toni caldi anche il colorista concretizza quella che è la tensione del plot e le due anime della storia, da un lato il thriller e dall’altro il soprannaturale. La paletta allora gioca sui grigi e sui blu della tempesta che sta per abbattersi sulla cittadina e poi sui gialli e sugli arancioni dell’esperienza paranormale di Mitchell Royce. Un particolare interessante è anche l’utilizzo del colore dei capelli delle varie figure chiave che si avvicendano nei vari capitoli, particolare su sui Segala indirizza l’attenzione del lettore in maniera efficace, facendole così “uscire” dal contesto in cui si stanno muovendo e su cui spicca il rosso della protagonista Ann.