Narcos 3 | Recensione in anteprima
Pubblicato il 23 Agosto 2017 alle 15:10
Abbiamo visto in anteprima i primi quattro episodi della terza stagione di Narcos. Dopo la morte di Pablo Escobar, l’agente Javier Peña dovrà vedersela con lo spietatissimo Cartello di Cali.
“Il nemico del mio nemico è mio amico, almeno finché non torna ad essere mio nemico”.
Questa una delle battute chiavi del primo episodio di Narcos 3, seguito dalla celebre serie Netflix che nelle prime due incarnazioni aveva raccontato l’ascesa e la caduta di Pablo Escobar. Ora Pablo è morto, il cartello di Medellin è un brutto ricordo, Steve Murphy è tornato negli USA e gli anni ’90 stanno contaminando il mondo.
Lontano dall’ingombrante e gargantuesca ombra di Wagner Moura (che aveva quasi soffocato il ritmo narrativo nella seconda stagione) lo show non si spaventa affatto, anzi se possibile riesce ad evolversi in maniera tanto naturale quanto armoniosa, non solo migliorando gli standard della già di per se quasi-perfetta prima stagione ma stabilendone di più elevati.
Il primo, importante e rarissimo pregio di questa terza stagione è la sua natura autonoma e a se stante: non c’è alcun bisogno di aver visto i venti episodi precedenti per apprezzare la nuova storia, focalizzata su Javier Peña e la sua caccia al Cartello di Cali.
A differenza delle precedenti due stagioni (questo era un altro difetto evidente soprattutto nella seconda) qui il cast di supporto, oltre ad essere estremamente variegato e validissimo, è anche funzionale allo sviluppo della vicenda, e le faide interne al Cartello muovono i fili delle sceneggiature tanto quanto le indagini di Peña e i suoi collaboratori. Il piacente ex-Oberin sarà affiancato da due nuovi agenti DEA (il contratto di Boyd Holbrook non è stato rinnovato) e dovrà vedersela con le tantissime criticità della burocrazia (colombiana e non).
E’ lo stesso, interessante discorso socio-politico che si faceva nella prima stagione di True Detective: le cariche istituzionali diventano un ostacolo da superare per poter svolgere il lavoro della giustizia, e l’assurdo paradosso logora tanto i nervi del protagonista quanto quelli dello spettatore (stabilendo così un legame fra personaggio e pubblico, che è un aspetto fondamentale della serialità).
Qui, in più, c’è anche tutto un discorso molto positivo sul riscatto sociale e la rivalsa di un popolo che, vessato da tanta crudeltà, inizia a rendersi conto che è arrivato il tempo di dire basta e riprendersi la propria bellissima terra dai diavoli che la stanno infestando. Per giustapporre queste verdi speranze, lo show non scende ad alcun compromesso quando si tratta di mostrare l’orrore portato dai diavoli in questione, e le scene di violenza sono brutali come non mai.
Le premesse sono splendide, e nell’attesa di vedere i restanti episodi possiamo già disilludere gli scettici: Narcos è ancora una delle migliori serie in circolazione.