Preacher 2×07: “Pig” | Recensione

Pubblicato il 2 Agosto 2017 alle 20:00

“Il tempo sta per finire! Non manca più molto! Potete anche far finta di niente,  ma sara’ difficile far finta di niente quando la vostra faccia andrà a fuoco!”

Dopo i roboanti eventi della scorsa settimana, quando Jesse ha finalmente avuto la meglio sul Santo degli Assassini, Preacher ci regala quello che forse è ad oggi il suo episodio più denso e surreale. Fra senza tetto profeti, incubi inquietanti, gang di motociclisti col feticismo per le armi da fuoco, organizzazioni supersegrete e maiali volanti, lo show di Seth Rogen ed Evan Goldberg dimostra di saper essere estremamente versatile e alternare lo humor nero più aspro a scene di introspezione pura.

Un maiale volante si è manifestato in un piccolo villaggio in Vietnam. E’ forse la notizia più sconvolgente dall’esplosione di Tom Cruise di qualche mese prima, e il Graal (un’organizzazione segreta che controlla la società da dietro le quinte e nel frattempo protegge la discendenza di Gesù Cristo) manda il temibile Herr Starr ad indagare sulla faccenda.

L’avevamo visto di sfuggita qualche episodio fa, il temibile villain calvo e senza un occhio creato da Garth Ennis e Steve Dillon, ma in Pig abbiamo modo di conoscerlo in maniera molto approfondita: un cinico, spietato arrivista pronto a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi (la sequenza del suo addestramento è esilarante ed emblematica) che molto presto incrocerà il suo cammino con quello di Jesse.

Un Jesse ancora impegnato a battere le strade (e i locali jazz) della notturna New Orleans, una realtà quasi staccata dal resto del mondo, dove le anime sono in vendita, i netturbini di notte passano coi furgoni a raccogliere i morti e gli ubriachi e i pub diventano poligoni di tiro per camionisti e bikers in cerca di forti emozioni.

Parlando di persone in cerca di forti emozioni: la sceneggiatura si è dimostrata estremamente delicata nell’analizzare il disturbo post traumatico che sta affliggendo la povera Tulip, comprensibilmente sconvolta dopo l’incontro ravvicinato col Santo. La scena del sogno, dal forte retrogusto lynchiano, offre una perfetta rielaborazione dell’assalto subito, con la sensazione di volare che si trasforma in una soffocante presa alla gola e la pioggia di dita mozzate a ricordare il sacrificio di Cassidy.

Già in The Leftovers avevamo visto il farsi sparare con indosso un giubbotto antiproiettile come metodo alternativo per esorcizzare il dolore e dopo la divertente truffa organizzata con Cassidy, Tulip decide di iscriversi all’alternativo fight club a base di proiettili e sperimentare su se stessa la “cura Nora Durst” (Rogen e Goldberg devono essere fan della serie di Damon Lindelof, visto che è la seconda volta che la citano in questa seconda stagione).

Commovente il confronto fra Cassidy e suo figlio (un Cassidy che lentamente sembra iniziare a maturare, e forse non è un caso che questa sua maturazione proceda di pari passo con la crescita della cotta nei confronti di Tulip) e illuminante quello fra Jesse e il profeta di strada: privarsi della propria anima, anche se di un pezzettino piccolissimo, potrebbe essere il primo passo sulla strada per la dannazione.

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