Battaglia – Ragazzi di Morte | Recensione

Pubblicato il 31 Luglio 2017 alle 10:00

Pietro Battaglia è tornato e si muove nella Roma degli anni ’70, quella di Pasolini e della Prima Repubblica.

Pietro Battaglia si nasconde nelle ombre della storia. Con lui, nessuno è stato, è, o sarà mai al sicuro. Il suo armadio è un cimitero affollato: tra i vari scheletri, c’è anche Pier Paolo il poeta. Perché, però, trent’anni dopo il suo omicidio, Pietro vuole vendicarlo?

Dopo l’ottimo Dentro Moana, ambientato fra gli anni ’80 e i primi ’90, Ragazzi di Morte ci fa ritornare a quella Italia perbenista degli anni ’70 sconvolta dalla figura del Poeta, quel controverso Pierpaolo Pasolini intellettuale poliedrico capace di intuire i cambiamenti ed il futuro del nostro paese attraverso opinioni ed opere dissacranti, dirette, dure ma anche illuminanti ed incredibilmente raffinate.

Una macabra ironia vuole che questo albo esca a poche settimane dalla morte di Pino Pelosi, il “ragazzo di vita” condannato per aver ucciso Pasolini la notte fra il 1° ed il 2 novembre del ’75; quello stesso Pelosi che nel 2005 ritrattò la sua confessione dicendo che non fu il solo a massacrare di botte sulla spiaggia di Ostia il Poeta… ancora oggi il delitto Pasolini è una delle pagine più oscure della storia socio-culturale del nostro Paese. Quali furono le vere motivazioni dietro il delitto?

A (meta)ricostruire gli avvenimenti ci pensa Luca Vanzella che realizza un albo dal plot tutto sommato lineare muovendosi fra passato e presente – fra il ’75 ed il 2005 – ponendo esattamente a metà albo l’omicidio del Poeta.

L’albo trova però compimento dapprima nel “”flusso di coscienza” di Pasolini – con l’autore che cita in maniera accorta e puntuale le stesse parole di Pasolini – ed poi nel confronto durissimo con Battaglia nella seconda parte dell’albo.

Il Poeta con disarmante lucidità descrive una modernità grottesca e spietata dove le ideologie sono svuotate della loro carica “positiva” e la logica dell’avere ha pervaso tutti gli aspetti della società.

In questo senso due sono gli aspetti che il Poeta, e Vanzella attraverso di lui, porta immediatamente all’attenzione del lettore: da un lato il sesso che perde la sua valenza dionisiaca e imprevedibile in favore di una mercificazione e di una strumentalizzazione che trovano cassa di risonanza proprio nelle “stanze del potere” che diventano perversi baccanali mascherati di kubrickiana memoria.

Pasolini allora diventa un personaggio scomodo per tutte le forze politiche proprio perché non si tratta di attaccare un solo schieramento politico ma tutto il sistema – come avrebbe dovuto raccontare nel suo prossimo libro. Invocare un cambiamento è vano proprio perché la logica è quella dell’arrivismo manca cioè quella forza di “dire no”, forza che però sarà anche la fine del Poeta.

Casualmente, o forse no?, sono proprio quelli stessi “ragazzi di vita” che Pasolini frequentava a decidere di rapinarlo cercando così di rompere quella gerarchia sociale che li aveva relegati a quello scomodo ruolo ma necessario per raccogliere pochi spiccioli: un delitto voluto dall’alto ma eseguito dal basso.

Sulla spiaggia di Ostia comparirà ovviamente anche Battaglia, il quale “completerà il lavoro”, aprendo così la seconda parte dell’albo che ruoterà intorno alla ricerca di un manoscritto – ricordate il libro che Pasolini avrebbe dovuto pubblicare in cui avrebbe dovuto svelare i segreti della classe dirigente? – e alla vendetta dell’omicidio stesso.

Ma cosa spinge Battaglia alla vendetta. Il confronto fra Pasolini e Battaglia è abrasivo e mostra inoltre tutta la capacità di Vanzella di attualizzare la vicenda.

Pasolini accusa Battaglia di essere il perfetto sicario – o intendeva schiavo? – del potere: con prepotenza prende senza curarsi di quello che viene sacrificato nel mezzo.

Battaglia di contro cita l’antica tragedia greca di Medea – che Pasolini rese un film – per dimostrare come proprio di quel complottismo – la sua soluzione più comoda per “spiegarsi la realtà” – il Poeta è diventato vittima sacrificale sull’altare di uno sterile intellettualismo. Battaglia invece con sguardo disincantato ricorda a Pasolini che gli uomini vivono di passioni e con altrettanta passione odiano.

La risoluzione poi è un turbine di azione e sangue perché Battaglia porta sempre a termine il suo lavoro ma non prima di aver racchiuso con una battuta la vera cifra della modernità: “l’unica cosa che vi spinge è il desiderio di imporre la vostra volontà e divorare tutto”.

Parte grafica realizzata a 4 mani da Pierluigi Minotti e Valerio Befani. Minotti, che avevano già visto di sfuggita su Dentro Moana, avendo questa volta più pagine a disposizione mostra tutto il suo talento: con tratto spigoloso infatti illustra una Roma settantiana, notturna e spettrale in cui si muovono figure stilizzate, prede e predatori fra cui spicca il Poeta che osserva la realtà, criticandola, ma ne è suo malgrado attore, e proprio utilizzando lo sguardo del protagonista, seppur sempre celato dagli occhiali da vista che “riflettono” quello che accade, il disegnatore costruisce le tavole ed il loro “movimento” utilizzando quasi un punto di vista “in prima persona” ma lasciando sempre il volto del Poeta impassibile e granitico.

Si mette in evidenza anche Befani con il suo tratto più morbido e mellifluo che si sposa perfettamente con la maggiore presenza di Battaglia in azione e con un Pasolini che tradisce finalmente qualche emozione, da segnalare l’ottima costruzione della tavola perfettamente ritmata alternando riquadri orizzontali e verticali in un gioco di incastri e di posizionamento dei personaggi nelle tavole.

Quello che però accomuna i due disegnatori è la capacità di scavare nei neri – recuperando la lezione di maestri italiani come Toppi e Battaglia – per ricavarne figure pesantemente eloquenti, che tradiscono poche emozioni – è interessante notare come entrambi si soffermino sugli occhi solo in circostanze particolari – ma che lasciano intendere come la vita sia un’enorme farsa, un gioco di ruoli crudele ed ineluttabile.

Da questo punto di vista il team editoriale Cosmo dimostra un’attenzione particolare nel ricercare disegnatori che con il loro stile possano accompagnare Pietro Battaglia nel suo viaggio nella storia, e soprattutto nei retroscena più scabrosi, della storia del nostro paese. Si va oltre la semplice necessità di mettere insieme un team creativo funzionale e commercialmente valido quindi, piuttosto la ricerca è votata a trovare una “voce” che possa narrare gli “orrori” di quel determinato periodo storico e di quel determinato personaggio storico, o meglio meta-storico, con cui Battaglia incrocia il cammino.

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