Dylan Dog e Dampyr | Recensione Crossover

Pubblicato il 2 Agosto 2017 alle 14:21

Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo, deve unire le forze con Harlan Draka il Dampyr quando Londra viene minacciata dai vampiri agli ordini di Lodbrok, leggendario condottiero vichingo e Maestro della Notte, spalleggiato da John Ghost e venuto in possesso di un carico di armi di distruzione di massa per consumare la sua personale vendetta contro l’Inghilterra.

“Questa storia sembra un incrocio tra James Bond, Blade e Buffy!” dice Dylan Dog ad un certo punto del crossover con il Dampyr Harlan Draka. Non è la prima volta che assistiamo ad un team-up tra i titolari di due diverse testate di casa Bonelli, i più celebri dei quali restano probabilmente i due tra l’indagatore dell’incubo e Martin Mystere, ma è la prima volta che viene realizzato un crossover tra due serie regolari, una sfida editoriale logistica tutt’altro che semplice. La vicenda ha inizio sul n. 371 di Dylan Dog e termina sul n. 209 di Dampyr, in uscita a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro.

La riuscita di un crossover non sta soltanto nel costruire una vicenda che coinvolga i protagonisti di serie diverse ma sta soprattutto nella loro interazione. Ad esempio, nei sopracitati team-up tra Dylan e Martin Mystere, l’incontro tra i due personaggi era la causa scatenante dell’elemento sovrannaturale da affrontare. I protagonisti interagivano per tutta la vicenda con il conseguente approfondimento intimista e tutta la carica emotiva che comportava.

Qui, viceversa, è l’elemento sovrannaturale a causare l’incontro tra Dylan e Harlan, nelle sembianze della versione vampirica di Ragnar Lodbrok e Lagertha, due personaggi la cui esistenza si perde tra mito e realtà storica e che i fan della serie tv Vikings conoscono molto bene. La componente fantastorica, però, prende troppo il sopravvento nel dipanarsi del racconto, a scapito dell’interrelazione tra Dylan e Harlan che resta troppo superficiale e saltuaria.

Roberto Recchioni, direttore editoriale di Dylan Dog, è autore del soggetto e co-sceneggiatore, insieme a Giulio Antonio Gualtieri, della prima parte del crossover. La partenza è in puro stile Recchioni, improntata all’action, senza perdersi in chiacchiere, valorizzata dal tratto realistico di Daniele Bigliardo che ombreggia una Londra tetra, dark e nebbiosa, con suggestivi giochi di luce e ombra, e conferisce grande dinamismo e un’eccezionale espressività ai personaggi.

La parte centrale dell’albo si svolge nell’ufficio di Dylan dove iniziano ad amalgamarsi i due team. Tuttavia, il lungo flashback, ammantato di grigi sfumati, lo spiegone e la missione dei protagonisti si fanno invadenti e va a ridursi lo spazio per quella che dovrebbe essere la parte più affascinante del crossover, ovvero lo scontro tra le filosofie dell’indagatore dell’incubo, romantico e sognatore, e il Dampyr, cinico e disilluso.

Intendiamoci, le componenti tipiche del crossover ci sono tutte, a partire da alcune tavole iconiche, vignette corali che raccolgono i protagonisti e i rispettivi comprimari con spazi equamente divisi; splash-page e battute enfatiche; l’intreccio degli elementi mitologici dei due antieroi (il sangue di Dampyr con i proiettili di Dylan) – a proposito, vediamo per la prima volta la cantina di Craven Road n. 7 -; l’immancabile, innocua scazzottata; e il team-up disfunzionale tra villain, Lodbrok, appunto, e John Ghost, emanazione di Recchioni e quindi deus ex machina dell’incontro tra i due avversari.

L’inserimento chirurgico di tutte queste componenti, oltre a risultare inevitabilmente e deliziosamente fan service, dà però anche la sensazione del prodotto studiato a tavolino, scritto molto con la testa e poco con la pancia, vincolato alle regole (non scritte) del crossover.

Per questo motivo, la parte più riuscita dell’albo è sicuramente lo scontro finale nel quale gli sceneggiatori si fanno trasportare da dinamiche più ludiche, più divertite. C’è spazio per accattivanti gag action e ammiccamenti gore. Terrificante la vignetta con il vampiro sul letto del bambino che si volta verso il lettore. Oltre a sdrammatizzare con le consuete battute, Groucho diviene anche spalla attiva conferendo la giusta vena di surrealismo.

L’albo di Dampyr è scritto da Mauro Boselli, creatore del personaggio. Se Bigliardo ci ha dato una metropoli claustrofobica, Bruno Brindisi ci porta qui negli sconfinati paesaggi naturalistici delle Ebridi scozzesi. La storia si apre con un flashback che fa il paio con quello della prima parte proseguendo la back-story di Lodbrok e Lagertha.

La storia si lascia apprezzare soprattutto nella prima metà, dove il team Dylan e il team Dampyr si uniscono per affrontare vichinghi non morti e un dragone introdotti con spettacolari vignettone. Poi la vicenda si spacca in due linee narrative separando per buona parte dell’albo i due protagonisti e tradendo quindi in parte la natura del crossover. Dylan resta coinvolto nella sottotrama del giovane Gilroy spinta dentro in maniera un po’ forzosa. Restano comunque apprezzabili alcune sequenze d’azione altamente spettacolari, su tutte la grande battaglia marina tra i vichinghi e una prodigiosa cavalleria acquatica.

In linea di massima, si tratta di un crossover riuscito, seppure a fasi altalenanti. La mitologia dampyriana appare accolta con un certo entusiasmo sulle pagine di Dylan Dog dove i rispettivi mondi trovano un equo bilanciamento, mentre l’indagatore dell’incubo sembra più un intruso sulle pagine di Dampyr. La narrazione di Boselli appare più controllata e misurata rispetto a quella più divertita di Recchioni e Gualtieri.

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