La leggenda di Chun Yang di CLAMP: Recensione
Pubblicato il 31 Ottobre 2011 alle 19:00
J-Pop ripropone al pubblico italiano “La leggenda di Chun Yang”, manga autoconclusivo firmato CLAMP, con cui il quartetto di Osaka rivisita l’omonimo racconto del folklore coreano.
La leggenda di Chun Yang
Autore: CLAMP
Editore: J-Pop
Provenienza: Giappone, 1992
Formato: 11×17, b/n + col., 240 pag.
Prezzo: € 6,00
Nel piccolo villaggio di Ryoung-Hee, lontano dal controllo del potere centrale, lo yangban inviato dal governo per amministrare le province accresce indiscriminatamente la propria ricchezza, imponendo tasse di molto superiori a quelle dovute per legge, e riducendo così in miseria la popolazione.
Ribellarsi allo yangban equivale a una condanna a morte sia per chi ha commesso il crimine contro la sua autorità che per l’intero villaggio. La giovane e manesca Chun Yang, tuttavia, è l’unica che si oppone alle ingiustizie perpetrate dall’amministrazione, difendendo i più deboli dalle angherie dello yangban e di suo figlio.
Testarda e sincera, la ragazza è molto protettiva nei confronti della madre, una sciamana, oggetto del desiderio dello yangban. Insieme al misterioso Mong Ryong, giunto al villaggio, la protagonista deve però fare i conti con la cupidigia dello yangban…
J-Pop ripropone al pubblico italiano “La leggenda di Chun Yang” (Shin Shunka-Den), manga autoconclusivo firmato CLAMP, con cui il quartetto di Osaka rivisita l’omonimo racconto del folklore coreano.
La reinterpretazione compiuta dalle autrici si discosta notevolmente, ma in modo del tutto consapevole, dalla leggenda popolare, per una protagonista che ha molto poco a che vedere con l’originaria Chun Yang, che nell’immaginario collettivo coreano è una sorta di modello di purezza e castità. La Chun Yang creata dalle CLAMP è infatti una ragazzina vivace e determinata, combattiva e pasticciona, chiaramente molto più vicina a un’eroina shojo moderna che a una figura leggendaria.
Lo stesso svolgersi degli eventi viene quindi modificato per assecondare questa versione della protagonista, cambiando innanzitutto il ruolo di Mong Ryong, che anziché essere uno yangbang è l’amahengeosa, ossia l’incaricato dal governo centrale di verificare in incognito l’operato degli amministratori provinciali, e comportarsi di conseguenza.
Il risultato finale, tuttavia, finisce con l’appiattire i personaggi, regalando figure tristemente stereotipate e banali.
Lo stesso tono delle vicende risente inevitabilmente dell’interpretazione moderna delle CLAMP, per uno shojo manga estremamente dinamico, più orientato verso la commedia che non verso il tema sentimentale, comunque presente, e con momenti più intensi e drammatici.
La vera pecca di quest’opera è costituita dal fatto che la narrazione è lasciata di fatto cadere nel vuoto. Il volume, infatti, si compone di due capitoli, la cui struttura è sostanzialmente analoga, cui si affiancano un capitolo-flashback sull’infanzia di Chun Yang, e alcune pagine di gag comiche. L’interruzione, dunque, non ha permesso nemmeno di ricorrere a una qualche formula di finale aperto, con il risultato di lasciare non solo molti elementi in sospeso, ma di non giungere a sviluppare nulla della trama in modo apprezzabile.
In conclusione, “La leggenda di Chun Yang” è un’opera fantasy per molti versi inconcludente, anche se ben eseguita in alcune sue parti, interessante spunto per conoscere qualcosa di più sul mondo coreano, ma consigliabile solo ai più fedeli fan del quartetto di Osaka, che non vogliano perdere nessuna opera delle loro beniamine.