The Private Eye: un futuro senza rete | Recensione
Pubblicato il 12 Luglio 2017 alle 15:00
In un futuro non troppo lontano, in cui noi potremmo ancora esistere (anche se ad una veneranda età), gli Stati Uniti vivono nel più completo isolamento e, soprattutto, internet non esiste più. Inoltre, le persone non osano uscire dalla propria abitazione senza una maschera… Queste sono le premesse di The Private Eye, l’ultimo fumetto di Brian K. Vaughan portato in Italia da Bao Publishing.
Dopo Saga, Paper Girls e Sentinelle d’Inverno, Bao Publishing distribuisce in Italia una nuova storia sceneggiata da Brian K. Vaughan, scrittore poliedrico che ha lavorato sia per le maggiori case editrici americane sia per il mondo della televisione.
La pubblicazione di The Private Eye, però, risale a qualche anno fa (nel 2013), quando Vaughan e il disegnatore spagnolo Marcos Martin lanciarono il primo albo distribuendolo tramite il digital publisher Panel Syndicate, basato sulla formula “pay what you want comics”. A completare il team è la colorista Muntsa Vicente.
Vincitore di un Eisner e di un Harvey Award, The Private Eye è un thriller futuristico composto da dieci albi ed è stato parecchio chiacchierato proprio per le sue modalità di distribuzione. Ma di cosa racconta?
L’aspetto più interessante di The Private Eye è sicuramente il futuro costruito da Vaughan (ambientato a Los Angeles nel 2076), basato tutto su questa premessa: agli inizi degli anni 2000 (proprio l’epoca che stiamo vivendo noi), per ragioni mai chiarite, i file e i segreti che le persone custodivano nel Cloud sono state rese pubbliche insieme alle loro cronologie: non a caso ci si riferisce a questo avvenimento con il termine “Alluvione“.
In questo modo milioni di vite sono state rovinate perché, come afferma un personaggio nella storia, “Non facciamo che mentirci a vicenda, ma quando siamo soli e cerchiamo con insistenza ciò che davvero desideriamo nella vita… è allora che riveliamo quali patetici relitti siamo”. Questo attacco, o incidente, ha portato alla crisi di internet, che in The Private Eye non esiste più, così come non esistono nemmeno computer, smartphone o tablet. Ora la forma di intrattenimento più diffusa è la TeeVee, una versione più “tecnologica” della nostra televisione.
Altra conseguenza dell’Alluvione è l’ossessione per la privacy: la gente, infatti, non esce di casa senza prima aver indossato una maschera, disponendo anche di tante identità per proteggere la propria sfera privata da quella famigliare, lavorativa, ecc…
In questo scenario si muove il protagonista di The Private Eye: P.I., un paparazzo che opera al di fuori della legge, violando la privacy delle persone per conto di clienti facoltosi. A lui si affianca il personaggio più riuscito del fumetto: suo nonno, un ex medico che continua a dimenticarsi dell’assenza di internet e che non riesce a separarsi dal suo smartphone, ormai inutile. A lavorare con P.I. inoltre c’è Melanie, un’adolescente che gli fa da autista.
La già movimentata vita di P.I. subisce una volta quando una delle sue clienti viene uccisa e la sorella della vittima, Raveena, lo costringe ad indagare sul suo omicidio: il tutto mentre lo Steve Jobs del 2076, Khalid DeGuerre, si muove dietro le quinte…
The Private Eye non è l’opera più riuscita di Vaughan, nonostante abbia un’ambientazione intrigante: inoltre i disegni non sono sempre appetibili (peccato, data l’eterogeneità visiva di comparse e personaggi di fondo), anche se l’uso di colori pop richiama in parte i nostalgici anni Ottanta. Purtroppo il difetto principale è lo svolgimento di una trama un po’ “sempliciotta”, aderente a certi cliché cari alle detective story.