Low Volume 2: Prima che la Terra Bruci | Recensione

Pubblicato il 8 Luglio 2017 alle 10:00

Secondo volume per la saga sci-fi “acquatica” di Rick Remender e Greg Tocchini.

Stel Caine è in missione per risalire le profondità del mare, dove l’umanità è fuggita per salvarsi dalla devastazione causata da un sole morente, ed essere così il primo essere umano dopo millenni a camminare sulla superficie bruciata della Terra. Lassù, lei ne è convinta, una sonda dallo spazio profondo contiene le coordinate di un mondo abitabile e promette di riportare la speranza a tutta l’umanità. Ma le voci sulla sonda si diffondono, e giungono alle orecchie di uno dei più temuti Ministri del Pensiero nella città ghiacciata di Voldin, dove sognare un futuro migliore è un crimine punibile con la morte.

Avevamo lasciato Stel ed i suoi nuovi improbabili compagni lasciare la Terza Città in fiamme grazie a Tajo che aveva preso il controllo della Tuta da Timoniere e Marik che si era sacrificato; in questo secondo volume Rick Remender abbandona la narrazione con salti temporali che aveva caratterizzato il primo volume adoperando invece una efficace narrazione parallela: da un lato Stel e dall’altro le vicende della città di Voldin con al centro, a fare da cerniera, il recupero della sonda con i preziosissimi dati.

Low già dal primo volume mostrava una peculiarità che la distingueva dal 99% delle serie e dei personaggi in circolazione: Stel Caine è un personaggio positivo. Seppur la Terra e la razza umana sono sull’orlo dell’estinzione Stel è mossa da un positività e dalla speranza di un futuro migliore ovvero di poter trovare un nuovo pianeta abitabile.

Questa speranza è contagiosa – l’avevamo visto anche alla fine del precedente story-arc con il figlio Marik che incita la Terza Città alla rivolta dopo aver ritrovato sé stesso – e su questo assunto Remender parte per questo secondo story-arc declinando l’idea di “speranza” in due direzioni opposte.

Da un lato c’è la maturazione di Stel la quale diventa voce vera di una profonda riflessione esistenziale. L’autore saggiamente la spoglia di qualsiasi velleità messianica, se è vero che la speranza è contagiosa questa va coltivata all’interno di ognuno, privatamente, perché così è possibile combattere la propria personale oscurità ed “aggrapparsi alle piccole cose su cui si può contare” – citando la stessa Stel – e che sono le cose da danno senso alla vita.

E’ una riflessione questa tremendamente attuale, soprattutto in una società totalizzante come la nostra, e che mostra come per cambiare quello che ci circonda dobbiamo prima partire facendo un lavoro su noi stessi.

Dall’altro c’è la città totalitaria di Voldin. Come vive la speranza una società simile? Semplicemente vietandola. Remender ancora una volta sfrutta l’importante substrato concettuale per inserirvi in maniera sapiente l’ultimo personaggio mancante ovvero l’altra figlia di Stel, Della, di cui scopriamo il passato e viviamo il presente in una drammatica escalation di eventi che permettono allo scrittore di confezionare un personaggio tostissimo, realizzare alcune riuscitissime scene d’azione, che pagano dazio fra l’altro ad un certo cinema orientale, e mostrare il contrasto netto fra chi adotta una visione della vita rassicurante ma sterile e chi invece ne abbraccia la creatività e la vitalità dando quindi senso alla vita.

La prova di Remender è maiuscola: la sua prosa sfocia in un lirismo profondo mai fine a sé stesso ed i vari personaggi convogliano la sua riflessione esistenzialistica declinandone i vari punti di vista in un coro perfettamente intonato di intenti.

All’apporto delle matite di Greg Tocchini è poi fondamentale nel donare l’incredibile atmosfera e a completare con personalità la storia impostata dallo scrittore. Il tratto del disegnatore brasiliano è sinuoso e particolareggiato, quasi barocco, sfruttando l’idea che la storia sia ambientata nelle profondità dell’oceano poi le figure diventano plastiche e le scene d’azione imprevedibili e spettacolari grazie ad una costruzione della tavola chiara ma mai ripetitiva o banale.

Il disegnatore si diverte nel giocare con il design: gli equipaggiamenti sono stilizzazioni delle creature marine che a loro volta mostrano una rapida evoluzione delle specie ora in senso antropomorfo ora in senso più ipertrofico e minaccioso, superbo poi il lavoro fatto con la città di Voldin e con i suoi abitanti che diventano “sovietici” sposando così l’idea alla base plot di Remender.

Ottimo anche il lavoro ai colori dello stesso Tocchini coadiuvato qui da Dave McCaig: la paletta è estremamente materica ed i colori sono stesi in maniera uniforme tralasciando le sfumature in favore del contrasto fra colori caldi e colori freddi in cui i violacei e gli arancioni amplificano il senso di pericolo e la disperazione di un mondo sull’orlo della catastrofe.

In chiusura la cura carto-tecnica: solidissimo come consuetudine il brossurato con alette ma impossibile non notare qualche refuso e la totale mancanza di apparati redazionali di qualsiasi tipo oltre l’inusuale scelta di non segnalare gli albi originali contenuti nel volume.

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