Recensione – Aspettando il Re, di Tom Tykwer

Pubblicato il 21 Giugno 2017 alle 15:00

Dopo Cloud Atlas, Tom Hanks e Tom Tykwer si riuniscono per questa commedia surreale basata sul romanzo A Hologram For The King di Dave Eggers.

Non si aspetta Godot nel nuovo film di Tom Tykwer,  ma il Re dell’Arabia Saudita. Bisogna vendere una nuova tecnologia per le comunicazioni internazionali basata sugli ologrammi e Tom Hanks è l’uomo giusto per portare a termine la trattativa. O forse no?

Aspettando il Re merita senza dubbio la palma d’oro per il film più strano e divertente della settimana, grazie alla sua capacità di mescolare i toni da commedia tanto a situazioni surreali quanto a questioni sociali di estrema attualità. Mentre scrivo queste parole so per certo che il film non è stato graditissimo negli Stati Uniti, né a livello di critica né tanto meno a livello di pubblico (ha intascato appena 8 milioni a fronte di un budget di 35).

Ma capisco perché.

Vedete, Aspettando il Re è quel tipo di film. Proprio quel tipo di film. Strano, buffo, un po’ goffo, mooooolto eccentrico, un po’ triste, malinconico quasi, tanto divertente.

Un formidabile Tom Hanks è Alan Clay, un cinquantenne americano che viene mandato per lavoro in Arabia Saudita al fine di ottenere l’appalto di fornitura dei servizi tecnologici che saranno la base di partenza per la costruzione di una avveniristica città che sorgerà nel bel mezzo del deserto. E’ divorziato, la sua ex moglie lo ritiene una nullità, sua figlia gli vuole un bene dell’anima ma vorrebbe anche che dimostrasse di non essere l’uomo che sua madre pensa che sia, ha causato il fallimento di un’azienda facendo perdere il posto a centinaia di lavoratori e adesso non riesce a pagare le rette del college della sua unica figlia. E ha anche un bubbone sulla schiena, che potrebbe essere un tumore. Insomma, non gliene va bene una.

E di certo le cose non miglioreranno quando sarà arrivato dall’altra parte del mondo.

Mi ha fatto ridere tantissimo e ogni volta la gag reiterata di Alan che non riesce a sedersi: ogni volta che punterà una sedia quella si romperà, o si rovescerà, e lui rovinerà a terra facendo ogni volta una pessima figura davanti ai colleghi o agli amici (diventerà amico di Yousef, il suo autista, imparentato con certa gente che colleziona armi … e non aggiungo altro). Questo piccolo e buffo particolare della sedia diventa una semplice metafora, a ben pensarci: Alan è sfortunato, e continuerà a fallire per tutto il film.

Mancherà gli appuntamenti con il re. Mancherà gli appuntamenti con i delegati del re. Scorderà di impostare la sveglia e mancherà gli appuntamenti con la navetta incaricata di trasferirlo dall’hotel agli uffici.

Ma prima o poi la sfortuna dovrà pur esaurirsi, giusto? E chissà se proprio l’orrendo bubbone che ha sulla schiena (che, secondo Alan, è una sorta di magnete per tutti i suoi recenti problemi) non finirà col portarlo dritto dritto verso quella che potrebbe essere l’unica persona in grado di rimettere in carreggiata la sua vita. E livello professionale e a livello privato, intendo.

Aspettando il Re è un affascinante e stravagante sogno lucido dal quale vale la pena farsi assorbire.

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