Recensione – Twin Peaks: “The Return”, parte sei
Pubblicato il 17 Giugno 2017 alle 17:00
“Viviamo in tempi oscuri, e voi siete parte del problema.”
Il nuovo episodio del revival di Twin Peaks sembra iniziare a smuovere le acque e durante i suoi sessanta minuti (ca.) molte sotto-trame sembrano raggiungere l’inevitabile punto di rottura.
Dougie deve svegliarsi, Hawk trova l’indizio che tanto stava cercando, Richard si macchia di un orribile delitto e un nano-sicario viene incaricato di uccidere Lorraine. Niente è lineare, ogni cosa sembra sfuggire alla logica, ma tutto è collegato e presto o tardi si arriverà a comprendere il come e il perché.
E’ esattamente ciò che rappresentano gli scarabocchi con cui Dougie sfregia i documenti di lavoro: il suo capo inizialmente lo rimprovera affermando di non trovare un senso in ciò che ha disegnato Dougie, ma osservandoli più attentamente trae le sue conclusioni e scopre … cosa? Non ci è dato saperlo. Forse qualcosa collegata alle accuse che Dougie ha rivolto all’uomo che mentiva durante la riunione degli episodi scorsi. Vedremo.
Per quanto riguarda il ritorno dell’agente Cooper conosciamo già il come (attraverso i tanti piccoli dettagli della sua vecchia vita: il caffé, il distintivo, il vestiario) e il perché (dovrà pur esserci una resa dei conti con Bob), e non si tratta neppure di una questione di “se”, ma di “quando”: il suo risveglio è imminente, come gli viene comunicato dalla Loggia Nera.
E sarebbe anche ora, diciamolo: è stato divertente vederlo arrancare nel mondo di Dougie nello stato confusionale in cui si trova, ma prima o poi le cose da fargli fare dovevano esaurirsi e quel momento sembra essere giunto.
Che spetti a Diane dare il colpo di grazia alla sua confusione mentale? Sarà la sua voce a svegliarlo definitivamente? Ebbene si, signore e signori: dopo trent’anni possiamo finalmente dare un volto alla celebre assistente dell’agente Cooper, Diane, che Lynch decide di mostrarci in questo episodio per la prima volta. E’ lei il personaggio misterioso che Laura Dern è stata chiamata ad impersonare, e lo scopriamo in una bellissima scena stupendamente orchestrata dal regista: Albert chiama il suo nome e lei, voltandosi lentamente (un movimento che sembra aver avuto inizio nel lontano 1990) si rivela finalmente al suo pubblico.
La scena alla tavola calda Double R sembra non avere ragion d’essere a livello narrativo (con le risatine inquietanti della cameriera) ma serve a distendere i toni e rilassare l’atmosfera, facendo abbassare la guardia dello spettatore in previsione della scena più tragica di questo revival (finora): dal prequel Fuoco Cammina Con Me ritorna Carl Rodd (Harry Dean Stanton), 91enne che suo malgrado assisterà alla morte di un bambino che verrà tragicamente investito da un pirata della strada (Richard) di fronte agli occhi della madre. E Carl, fra tutti i testimoni sconvolti, sarà l’unico in grado di notare l’anima del bambino volare via.
Nella non linearità degli eventi narrati, si è trattato forse della scena più lineare: abbiamo visto Robert correre in auto, abbiamo visto Carl recarsi in città e poi al parco, abbiamo visto il bambino e sua madre rincorrersi e divertirsi. Tutto ha portato a quel momento, ogni evento era incanalato verso quell’incrocio stradale. Del resto ogni cosa sembra sfuggire alla logica, ma tutto è collegato e presto o tardi si arriverà a comprendere il come e il perché.
Il tempo stringe. Cooper deve tornare. Un nano assassino sta venendo ad ucciderlo. E voi avete mai visto Il Re ed Io?