Rikudo: storia di boxe, vendetta e redenzione | Recensione manga JPOP
Pubblicato il 19 Giugno 2017 alle 10:00
Da JPOP un seinen duro, dove la redenzione si conquista a suon di pugni
Riku Azami è nato sotto una brutta stella e la sua vita è segnata sin dall’infanzia dalla tragedia. In seguito al suicidio del padre, col cadavere del quale – appeso a una corda dal tetto – il bimbo si allena a boxare, Riku conosce l’ex pugile, diventato strozzino, Kyosuke Tokorozawa che rimane colpito dalla precisione istintiva con cui il bambino prende a pugni i punti vitali del cadavere.
Riku, rimasto solo, chiede alla madre di poter andare a vivere con lei, ma una volta a casa sua scopre con orrore che l’attuale compagno della donna è un tossicodipendente con veri e propri scheletri nell’armadio. Vedendo la madre maltrattata, il bambino cerca di intervenire e sferra un violento jab, insegnatogli da Tokorozawa in occasione del loro incontro, prima di finirlo con un colpo di posacenere.
Riku viene tolto alla madre e inviato in un orfanotrofio. Dopo l’ennesima tragedia a cui assiste impotente, il ragazzino implora Kyosuke di insegnargli la boxe al fine di difendere coloro che ama. L’ex campione di boxe però rifiuta e lo manda invece da Shinji Baba, il suo ex allenatore. L’uomo sulle prime si dimostra scettico, ma dopo aver notato il potenziale di Riku accetta di farlo diventare un pugile professionista.
Quando si parla di boxe salta subito alla mente un colosso come Rocky Balboa, il pugile eroe per antonomasia. Questa volta però sul ring danza un personaggio oscuro. E il lato oscuro della boxe si chiama Rikudo, opera scritta e disegnata da Toshimitsu Matsubara nuova proposta JPOP.
Rimanendo in tema di ganci destri e KO, il manga si apre con una scena che è uno jab allo stomaco e continua a sconvolgere il lettore pagina dopo pagina descrivendo uno spaccato crudo e realistico di una società ai margini e in balia di una ripugnante violenza.
La vita non è stata gentile con Riku, mostrandogli il suo lato più crudele nei modi più orribili: Il suicidio, la droga, l’omicidio, la yakuza: il mondo del piccolo protagonista è immerso nella disperazione e lascia poche speranze a un futuro da eroi. Riku non è un eroe, né aspira a diventarlo.
Alla ricerca di un riscatto dall’inferno in cui ha vissuto, il giovane vuole imparare a tirare i pugni per diventare forte, proteggere le persone che ama e ricominciare daccapo.
Nel leggere la prima parte di questo primo volume il pensiero non può che correre a Rocky Joe. Infatti, oltre alla tematica sportiva nei primi capitoli si ravvisano particolari somiglianze con la famosissima opera di Takamori e Chiba: il protagonista che forgia il suo carattere attraverso le vicissitudini della sua vita, il suo talento mostruoso e innato, e la figura dell’allenatore privo di scrupoli che non ha mai avuto un pupillo. L’ispirazione di Toshimitsu Matsubara è piuttosto evidente.
Detto ciò, Rikudo si allontana presto dalle premesse del manga di Takamori, acquista una propria voce e Rocky Joe non rimane che uno spunto di partenza.
Ciò che colpisce particolarmente in questo primo volume è il modo in cui viene presentato il piccolo Riku: un bambino piuttosto gracile maltrattato dal padre sin dalla nascita, ma che chiede solo di avere un po’ d’amore. Terribile e al tempo stesso bellissima la reazione del bimbo al suicidio del padre.
Una scena che farà storcere il naso a molti per la sua durezza, ma che restituisce in tutta la sua autenticità la purezza del cuore di Riku che non vede il male neppure quando è spalancato davanti ai suoi occhi. Purtroppo il nostro protagonista sarà chiamato ad affrontare prove che pur non abbruttendolo, segneranno indelebilmente la sua anima e le sue scelte future.
A metà volume le atmosfere diventano ancora più tetre e audaci e finalmente si entra nel vivo dello sport che segnerà il destino di Riku: la boxe. Il ragazzino con i suoi primi guantoni inizia a intraprendere un percorso duro, irto di ostacoli e sacrifici.
Rikudo non è uno spokon; è un’opera quasi di denuncia sociale nella descrizione cruda e nuda dei quartieri malfamati in cui impera la yakuza, e delle bassezze che l’uomo arriva a compiere per una dose di eroina. Il mondo in cui Riku crescerà è spietato, quasi disumano e dal quale forse potrà riscattarsi solo diventando il re del ring.
La boxe nel manga di Matsubara è concepita come stile di vita e trampolino di lancio per il riscatto: uno sport duro per uomini duri. Degna di nota la carismatica figura di Tokorozawa, quasi un padre per Riku col quale instaura un rapporto speciale e il cui passato è avvolto nel mistero.
Nonostante Matsubara non indulga nei combattimenti in questo primo volume, si intuisce già da piccoli indizi come il tratto sia denso e brillante, foriero di epici combattimenti. I disegni sono pregni di rabbia: uno sguardo concreto che raggiunge l’apice durante le esplosioni di violenza. Una grafica espressiva dove la forza, il dinamismo si scontrano in un realismo spettacolare.
Un primo volume complesso e articolato che promette interessanti sviluppi. Consigliatissimo.