Holy Terror di Frank Miller- Recensione USA
Pubblicato il 5 Novembre 2011 alle 10:00
La nuova graphic novel di Frank Miller è stata attesa, discussa, temuta, scongiurata, aspramente criticata da molti, acclamata da pochi altri. Il genio rivoluzionario, autore di capolavori quali Il ritorno del Cavaliere Oscuro, 300 e Sin City, stavolta muove guerra all’Islam.
Holy Terror
Autori: Frank Miller (Testi e disegni); Dave Stewart (colori copertina).
Casa editrice: Legendary Comics
Provenienza: USA
Prezzo: $ 29,95
Data di pubblicazione: 28 settembre 2011 (USA)
Miller è stato subito molto chiaro riguardo la natura di Holy Terror: è un’opera di propaganda pura e semplice.
Nel 2006, l’idea venne proposta alla DC per una storia di Batman ma la casa editrice si oppose giustamente allo sfruttamento di un proprio personaggio come veicolo di ideologie politiche.
L’autore non si arrese e, dopo cinque anni, la storia vede la luce sotto l’egida Legendary Comics, divisione fumettistica della casa di produzione cinematografica artefice di molti cinecomics tra cui Superman Returns, la trilogia di Batman di Christopher Nolan e proprio 300, nel quale si avvertivano già le idee estremiste di Miller nei riguardi del mondo islamico.
Il nodo della questione è appunto questo. Miller non realizza la storia di un supereroe che affronta Al-Qaeda o qualche altra organizzazione terroristica musulmana. Almeno, non solo. E’ evidente fin dal principio che il suo astio sia rivolto all’Islam in ogni suo aspetto: sociale, politico, culturale e religioso. Peccato che l’autore abbia le idee un po’ confuse a riguardo. Oppure è molto furbo e veicola le informazioni a suo vantaggio. Ma andiamo con ordine.
Il volume si apre con una frase di Mohammed, ossia Maometto: “Se incontri l’infedele, uccidi l’infedele”. Questa esatta affermazione non compare nel Corano anche se è innegabile che la guerra agli infedeli e l’istigazione alla loro uccisione sia un tema ricorrente nel testo sacro. Appare dunque chiaro che Miller voglia colpire le radici stesse del fondamentalismo islamico.
Inoltre, nel corso della storia, l’autore utilizza il termine “Mohammed” come appellativo dispregiativo per i terroristi. Il fatto che tanti musulmani sparsi per il mondo convivano pacificamente con i cosiddetti infedeli è una verità chiara, scontata e innegabile che Miller sembra far finta di non conoscere. Sarebbe come considerare il ku klux klan un’espressione di tutto il cristianesimo anziché una frangia estremista e terrorista.
La storia imbastita da Miller si svolge ad Empire City, metropoli americana sui generis ispirata a New York con la Statua della Giustizia Cieca al posto della Statua della Libertà. Il vigilante Fixer sta inseguendo la ladra Cat-Burglar, colpevole di aver rubato un braccialetto di diamanti. I due personaggi sono degli ovvi surrogati di Batman e Catwoman che evidentemente avrebbero dovuto essere i protagonisti della storia nelle intenzioni iniziali dell’autore.
Esattamente come il Cavaliere Oscuro e la Gatta Ladra di casa DC, Fixer e Cat-Burglar prima se le danno di santa ragione e poi si amano ma non hanno lo spessore dei loro archetipi e Miller mette insieme una back-story abbastanza raffazzonata per il protagonista. Quel che risulta evidente è il disprezzo di Fixer per la cultura islamica e, in un solo momento della narrazione, Cat-Burglar sembra mettere in discussione non le idee del partner ma i suoi metodi. Tuttavia Fixer la convince a restare al suo fianco: un esempio di propaganda nella propaganda.
Lo stile grafico di Miller richiama quello di Sin City, con i soliti contrasti magistrali in bianco e nero e qualche dettaglio colorato, tecnica usata dall’autore anche per dirigere il cinecomic The Spirit. Restano incomprensibili i motivi per cui Miller decida di esaltare alcuni dettagli invece di altri. Gli occhi verdi di Cat-Burglar hanno un senso, le suole rosse delle sue scarpe non sembrano avere una particolare rilevanza estetica.
Alcune tavole sono degli autentici capolavori, soprattutto quelle iniziali in cui vediamo i due protagonisti in azione contro il cielo notturno sferzato da raffiche di pioggia bianca. I disegni sono abbastanza succinti ed essenziali. Le tavole hanno un taglio orizzontale e cinematografico come anche in 300. Il dialogo tra Fixer e Cat-Burglar verso la fine della storia è composto da 24 vignette, tutte della stessa grandezza e con la stessa inquadratura, un effetto simile a quello visto in alcune scene de Il Ritorno del Cavaliere Oscuro.
Il rosa viene usato per esaltare la giovane Amina, una musulmana che si trova ad Empire City per uno scambio culturale e che si farà saltare in aria in un attentato suicida. Dalle didascalie introspettive emerge tutto l’odio di Amina verso l’Occidente. Quando spiega ad un ragazzo di non aver mai bevuto alcolici, lui le chiede: “Da dove vieni, dai secoli bui?” Oltre ad attaccare ancora la cultura islamica, qui Miller usa un’espressione infelice. Per “Secoli bui”, infatti, si fa riferimento all’Alto Medioevo europeo durante il quale, però, il mondo arabo visse la sua epoca d’oro con progressi fondamentali in diversi campi, da quello scientifico a quello medico, di cui tutto il mondo avrebbe beneficiato.
Dopo l’attentato iniziale, la storia diventa frammentaria e caotica alternando gli scontri violentissimi tra i due vigilanti ed altri attentatori con un patchwork di immagini di terroristi mediorientali, caricature di politici americani, simboli religiosi e scene ad effetto, il tutto senza una riga di dialogo. Tra gli accostamenti più faziosi, Miller mette a confronto quelli che secondo lui sarebbero gli intrattenimenti preferiti da occidentali e musulmani. Gli americani sono al cinema a guardare un film di robot, mentre gli islamici lapidano una donna infedele. Ogni commento è superfluo.
E si va avanti così. Fixer tortura un terrorista che afferma di non provare dolore quindi non ci sarebbe niente di male. Si lascia intendere che gli islamici non sono esseri umani. Uccidendo alcuni avversari, Cat Burglar afferma: “Salutami quelle 72 vergini dagli occhi neri, figlio di puttana.” Ci si fa gioco del credo religioso musulmano inerente l’aldilà. E’ vero che altre opere di fiction come Family Guy si fanno spesso beffa delle religioni. Ma un conto è fare satira senza preferenze, un altro è istigare all’odio con rabbia quasi tangibile.
Neanche a dirlo i terroristi complottano in una moschea che viene definita “grande e più spaventosa dell’inferno”. Anzi, non dentro una moschea. Sotto una moschea. Come topi o insetti. Miller si ricorda di tirare fuori il termine Al-Qaeda solo verso la fine della storia.
Inoltre punta il dito contro l’inefficienza degli USA insinuando ipotesi di collaborazionismo tra il governo e i terroristi. Tra i personaggi celebri compare Michael Moore, regista del documentario Farenheit 9/11 che alimenta la teoria del complotto negli attentati dell’11 settembre. La Statua della Giustizia Cieca viene abbattuta dall’attacco kamikaze di alcuni caccia da combattimento chiaramente americani e mai utilizzati da Al-Qaeda nella realtà. I piloti non vengono mostrati.
Un pasticcio anche i personaggi di contorno. A un certo punto salta fuori David, un ex-agente del Mossad, il servizio segreto israeliano. E’ un alleato di Fixer che si prepara ad un’azione di combattimento affiancato due guerriere gemelle asiatiche che ricordano la Miho di Sin City. I tre personaggi però scompaiono subito dopo e la scena action non c’è. Un suicidio narrativo. Perché mostrare tre personaggi di questo genere per poi farli sparire? La banalità delle gemelle e il look anonimo di David passano inosservati di fronte alla Stella di David esaltata dal colore azzurro sul volto dell’agente. Questo risponde alla domanda.
Anche il capitano di polizia Dan Donegal, identico al tenente Gordon di Batman Anno Uno, viene presentato in un paio di tavole e poi sparisce nel nulla. Riappare nell’epilogo ad esprimere non tanto la paura post-attentati quanto piuttosto l’islamofobia dell’autore.
La libertà di esprimere le proprie idee, giuste o sbagliate che siano, non va mai negata. Utilizzare il fumetto come mezzo di propaganda può essere discutibile. Qui però si va oltre. L’attacco di Miller all’Islam è basato su odio, razzismo ed ignoranza ed è l’unica spregevole ragion d’essere di una storia congegnata malissimo e senza criterio narrativo, sostenuta da una componente grafica in generale di ottimo livello, seppure qua e là altalenante e con scelte cromatiche discutibili. A breve uscirà il nuovo lavoro di Miller, Xerxes, prequel di 300. Auguriamoci che sia il ritorno dell’autore al fumetto di puro intrattenimento.
Voto: 4
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