Devil l’Uomo Senza Paura di Frank Miller Omnibus: Recensione

Pubblicato il 16 Novembre 2011 alle 09:00

Arriva la prima ristampa del Marvel Omnibus dedicato al Daredevil di Frank Miller, una delle saghe più importanti e innovative della storia del fumetto americano e che modificò radicalmente le atmosfere narrative del Diavolo Rosso!

Devil l’Uomo Senza Paura di Frank Miller

Autore: Frank Miller (testi e disegni)
Casa Editrice: Panini Comics
Provenienza: USA
Prezzo: € 60,00, 18,3 x 22,7, pp. 840, col.
Data di pubblicazione: settembre 2011

Ho scritto in altre occasioni che nei primi anni ottanta numerosi cartoonist ebbero la capacità di svecchiare i comics americani con sperimentazioni narrative e grafiche, realizzando fumetti aperti a una miriade di influenze, mutuate dal cinema, dal design, dalla letteratura o dalle correnti underground. La ventata innovativa degli eighties, che gli esperti espressero con la formula ‘Rinascimento americano’, coinvolse major come la Marvel e la DC, nonché le case editrici indipendenti che, proprio in quel periodo, iniziarono ad esercitare un ruolo rilevante nel mercato statunitense.

Quando si parla di ‘Rinascimento americano’ si citano autori come Chris Claremont, John Byrne, Bill Sienkiewicz, Alan Moore, i fratelli Hernandez, Dave Sim, e così via. Alcuni si concentrarono sui mensili mainstream; altri sul settore indie; altri ancora, invece, partirono dal mainstream (fu il caso di Moore) per produrre in seguito prodotti meno convenzionali. Tra i nomi citati, comunque, non si può non includere Frank Miller.

In genere, quando si parla di lui, viene in mente quel Dark Knight Return che gli diede fama persino al di là degli ambienti fumettistici. Tutti sanno, però, che Frank era già conosciuto e amato dai lettori, grazie alle precedenti esperienze in casa Marvel. L’allora giovanissimo autore del Maryland aveva iniziato a lavorare come penciler alla House of Ideas, disegnando alcune storie dell’Uomo Ragno e poco altro, con uno stile che, a suo modo, si ricollegava in parte a certe soluzioni visive di Steve Ditko e Gil Kane. Successivamente, divenne il disegnatore regolare di Daredevil, su testi di Roger McKenzie.

Le storie di McKenzie erano interessanti ma ciò che più colpì fu proprio il tratto di Miller, con i suoi giochi d’ombra, le prospettive di impronta cinematografica e il particolare lay-out della pagina. Quando McKenzie smise di scrivere le avventure del Diavolo Rosso, Miller si occupò pure dei testi, con l’approvazione dell’allora editor in chief Jim Shooter. Costui era un grande estimatore del noir e apprezzò l’impostazione noir, appunto, e hard boiled della run milleriana. Forse senza rendersene conto, Miller mutò radicalmente le storie di Devil, rendendole più cupe e drammatiche del consueto.

Nel corso della sua esistenza editoriale, Devil era stato caratterizzato da diverse atmosfere narrative: in epoca classica, Stan Lee aveva delineato trame ironiche e stravaganti, quasi in linea con quelle kitsch del contemporaneo Batman; Roy Thomas si era concentrato su classiche situazioni supereroiche; Steve Gerber aveva inserito il Diavolo Rosso in contesti fantascientifici e psichedelici, e così via. Di tanto in tanto, però, erano emersi momenti thriller e polizieschi che ben si adattavano al personaggio.

Miller, collegandosi all’espressività cinica e disincantata della narrativa di Chandler, Hammett e Spillane, inserì Devil in ambiti hard-boiled, descrivendo l’oscurità e le pulsioni deviate del mondo della criminalità organizzata, con echi della Silver Age (basti pensare agli episodi di Spider-Man dell’era Lee/Ditko, ambientati nei bassifondi, con l’eroe contrapposto a Goblin e al Signore del Crimine), dei locali malfamati, dei disperati che campano di espedienti, dei politici corrotti, degli informatori (è il caso degli esilaranti Turk e Grotto, omaggio di Miller ai farseschi Tayete e Kazibe inventati da Don McGregor nel serial della Pantera Nera su Jungle Action).

Miller introdusse anche suggestioni mutuate dall’estetica giapponese (non solo fumettistica), con la splendida ninja Elektra, primo amore di Matt Murdock (e uno dei primi casi, credo, di ret-con, dal momento che fino ad allora non era mai apparsa); con il sensei Stick, maestro orientale di Devil; o con il gruppo de La Mano. Ciò si evidenziò pure nella scansione narrativa, tramite pagine prive di testo e dialogo e che si affidavano unicamente alla potenza evocativa delle immagini e del fluire dell’azione da una vignetta all’altra. Per giunta, le storie furono contrassegnate dall’ambiguità morale, uno dei punti cardine del fumetto americano di quegli anni: Matt Murdock è un eroe dal forte senso della giustizia ma non privo di debolezze etiche, specie nei confronti di Elektra; quest’ultima è una spietata assassina, ma a volte rivela barlumi di umanità; e il terribile Kingpin, villain ricorrente della run milleriana, è un glaciale capomafia, ispirato al Citizen Kane di Wells, ma sorprendentemente umano quando si confronta con la sofferenza della moglie Vanessa che subisce allucinanti esperienze nelle fogne di New York.

Miller evidenziò pure la violenza che, almeno per gli standard dell’epoca, era elevata (è sufficiente soffermarsi sullo storico episodio ‘L’Ultima Mano’, quello della morte di Elektra, per intenderci) e usò character eversivi. E qui bisogna considerare l’altro grande protagonista della saga milleriana, insieme, ovviamente, a Devil, a Elektra e a Kingpin: Bullseye che, fino ad allora, era stato un cattivo di serie b. Nelle mani di Miller, costui diviene uno psicopatico inquietante, riflesso allucinante e contorto dello stesso Devil: in pratica, tutto ciò che Murdock avrebbe rischiato di divenire se non avesse avuto consapevolezza dei concetti di ‘giusto’ e ‘sbagliato’. Miller accentua questo parallelismo divergente, disegnando Bullseye in maniera simile a Devil, sia quando i due indossano il costume, sia quando sono in borghese (e, in questi casi, Bullseye assomiglia in maniera impressionante a Matt).

Ci sarebbe molto altro da scrivere (segnalo gli episodi in cui Frank fa un sentito omaggio ai ‘drug issues’ di Amazing Spider-Man, affrontando, appunto, il tema della droga, in un modo talmente scioccante che spinse alcuni anti-proibizionisti a tacciare l’autore di fascismo): sui disegni, per esempio, valorizzati dalle chine di Klaus Janson e dai colori di Lynn Varley e che rappresentano una riuscita rielaborazione del tratto di Steve Ditko e Gil Kane. O sulla profonda analisi psicologica di un personaggio come il cronista Ben Urich. Insomma, si è capito che queste storie hanno un’importanza fondamentale, tanto che si può discutere di un Devil pre-Miller e di un Devil post-Miller. E gli sceneggiatori alternatisi nel corso del tempo (O’Neill, la Nocenti, De Matteis, Chichester, Kevin Smith, Bendis, Brubaker eccetera eccetera) devono tutti qualcosa, in misura maggiore o minore, al lavoro precursore di Frank che rese Daredevil un comic-book ‘for mature readers’. Di conseguenza, questo ottimo Marvel Omnibus, malgrado il prezzo non alla portata di tutti, merita un posto nella vostra libreria (al pari di un’altra grande saga milleriana: Born Again). Fateci un pensierino

Voto: 9

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