Cannes 2017 – Recensione – The Square, di Ruben Ostlung, premiato con la Palma d’Oro
Pubblicato il 29 Maggio 2017 alle 18:00
Dopo aver vinto il premio della Giuria a Cannes nel 2014 con Forza Maggiore, lo svedese Ruben Ostlung trionfa con il raffinata The Square, commedia agrodolce sulle ipocrisie del mondo dell’arte che si è aggiudicata la Palma d’Oro alla fine di Cannes 2017.
Vi è mai capitato di non riuscire a capire l’arte? O, ancora peggio, di ritrovarvi in mezzo ad un gruppo di persone tronfie e piene di se che non avevano niente di meglio da fare che sminuire il vostro non riuscire a capire l’arte? Si? Allora riderete a crepapelle in The Square, nuovo film del talentuoso Ruben Ostlung: nel film, infatti, il regista svedese si diverte a prendere in giro i paradossi del mondo dell’arte, e soprattutto gli arroganti “intenditori di arte” e le loro parole vuote.
Lo fa con un taglio provocatorio, satirico e intelligente, affrontando al contempo anche argomenti delicati come la libertà di pensiero, la correttezza politica e l’identità sociale: è una commedia, si, ma solo per certi versi, visto che le atmosfere sono spesso disturbanti, pensate per mettere a disagio pubblico e protagonisti.
La storia segue Christian (Claes Bang della serie The Bridge), il curatore del nuovo museo d’arte moderna installato all’interno del Palazzo Reale di Stoccolma, svuotato in conseguenza all’abolizione della monarchia svedese. Christian ha un’idea per una nuova opera: The Square, una piazza all’interno della quale ogni persona ha la stessa dignità e in cui si è costretti a seguire un’etica umanitaria … dentro la piazza bisogna essere generosi con gli altri, insomma.
Ma, ovviamente, sarà costretto ad affrontare tantissimi imprevisti. E forse scoprirà che l’ipocrisia della società, che lui tanto addita, è la stessa che guida le sue intenzioni.
Ci sono tante trovate nel film, tantissime situazioni borderline (la scena post-coito con protagonista un preservativo usato) e scene che sono già cult (la cena di gala con la sconcertante performance artistica di Oleg, interpretato da Terry Notary). Il tutto è fin troppo diluito dall’eccessivo minutaggio (140 minuti forse sono un po’ troppi) ma tutto sommato la narrazione scorre sempre piacevolmente, tra una profonda riflessione e un momento d’ilarità assoluta.
La tecnica di Ostlung è sublime, e se le opere d’arte all’interno del museo rischiano di essere scambiate per spazzatura (un addetto alle pulizie combinerà un piccolo disastro con l’aspirapolvere) non si può dire altrettanto delle inquadrature scelte dallo svedese, le cui composizioni, per rigore stilistico ed espressività, non sono inferiori a quelle di nessuno.