Altai & Jonson 1 di Tiziano Sclavi e Giorgio Cavazzano | Recensione
Pubblicato il 29 Maggio 2017 alle 10:00
Ritornano le avventure dei due strampalati detective grazie a Editoriale Cosmo.
In seno al recupero di grandi classici e gemme del fumetto italiano l’attivissima Editoriale Cosmo ristampa in “bonellidi” economici le avventure di Altai & Jonson – il duo di strampalati detective creato da Tiziano Sclavi che operano in una caotica San Francisco degli anni ’70.
La serie fu originariamente pubblicata sul Corriere dei Piccoli, siamo nel 1975, continuando poi fino al 1985 su varie riviste come Corrier Boy, Il Mago ed Orient Express ed è evidente l’influenza della grande tradizione umoristica che aveva sancito la fortuna del Corriere in queste prime 9 storie.
Il canovaccio di Sclavi è semplice ma efficace: storie umoristiche e surreali condite da quella azione tipica dei polizieschi anni ’70.
Sclavi dimostra tutta la sua bravura nel rileggere tutta una tradizione fumettistica e letteraria confezionando personaggi immediati e riconoscibili partendo dai due protagonisti: Sarno Jonson è il tipico cowboy ruvidamente texano negli atteggiamenti e quello che però finisce sempre KO mentre Michael Altai è il “figlio dei fiori” che veste stravagante, parla con gli animali e conosce tutto il “sottobosco” della città ma è anche quello che fiuta per primo i guai. A questi poi si affiancano le “macchiette” come il Tenente Keenan, il poliziotto burbero e antipatico, o lo sbadato apprendista Orville ma è nei “cattivi” che Sclavi mette in luce tutto il suo estro dallo “spaghetti gangster” Julius Caesar alla ricca ereditiera hippie in una girandola di “maschere” cattive ma non troppo.
Seppur infatti l’intento dell’autore è quello di realizzare storie poliziesche le risoluzioni dei casi poi sfociano quasi sempre sul versante comico recuperando quella formula cinematografica del duo Bud Spencer/Terence Hill ma soprattutto anticipando di qualche anno quella dei “buddy cop” che avrebbe fatto la fortuna di Hollywood fra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80.
Da notare poi come molti elementi di Altai & Jonson verranno “rimaneggiati” per Dylan Dog: la coppia di investigatori, il poliziotto scontroso e persino la macchina sarà la stessa il mitico Maggioliono Volkswagen. Sarebbe tuttavia riduttivo bollare Altai & Jonson come una prova generale per l’Indagatore dell’Incubo rimanendo una serie con un propria e ben distinta identità.
A contribuire a questa identità ci sono senz’altro le matite di Giorgio Cavazzano. Lontano qualche anno dai trionfi Disney, il disegnatore già mostra i tratti distintivi della sua arte: l’organizzazione delle tavole non è quasi mai regolare, i baloon sfondano i riquadri ed i personaggi e il grande dinamismo delle figure che facilitano le scene d’azione. E’ però un Cavazzano che sta maturando il suo stile le prime storie risentono ancora dell’influenza non solo dei maestri italiani che avevano operato proprio sul Corriere con figure più tonde e maggior risalto al lato caricaturale mentre gli sfondi diventeranno più particolareggiati e le figure più affusolate solo nelle ultime storie di quest’albo.
In definitiva quello che colpisce davvero di queste storie è la capacità di sintesi del team creativo: in poche pagine, se rapportate al fumetto moderno, si riescono a costruire storie con personaggi credibili, azione e divertimento. Una formula che andrebbe studiata e recuperata soprattutto da oggi cerca troppo spesso il colpo ad effetto dimenticandosi che gli elementi per costruire un buon fumetto alla fine sono davvero pochi.
Va menzionata ovviamente anche la cura editoriale della Editoriale Cosmo che pur presentandoci una edizione economica non rinuncia agli extra con una introduzione di Mauro Marcheselli e alcune pagine del soggetto originale che Sclavi propose a Cavazzano durante il loro primo incontro, insomma un’altra grande operazione di recupero e diffusione della Cosmo.