Recensione – The Leftovers 3×05: “It’s a Matt, Matt, Matt, Matt World”
Pubblicato il 19 Maggio 2017 alle 15:00
“Gesù aveva un gemello identico. E’ lui che hanno visto qualche giorno dopo. Ecco da dov’è nata la confusione.”
Questa settimana The Leftovers ci presenta la storia più strana e indecifrabile di tutta la serie, una traversata di cinquantacinque minuti che contiene al suo interno alcune delle scene più stravaganti mai viste in televisione.
Come facilmente intuibile dal titolo, It’s a Matt, Matt, Matt, Matt World (citazione di It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World, film del 1963 diretto da Stanley Kramer) è il nuovo episodio Matt-centrico: è uno dei personaggi più amati della serie, questo reverendo pieno di contraddizioni, e Lindelof vuole omaggiarlo con una sceneggiatura piena di contraddizioni: cosa è disposta a fare una persona credente pur di far rispettare i dogmi della religione in cui crede?; una drammatica verità è preferibile ad una risolutiva bugia?; ma soprattutto, Dio cammina in mezzo a noi? E se si, perché lo troviamo a sguazzare nel peccato?
La cosa affascinante di questo show – fra i migliori del 2017, quasi sicuramente il migliore e probabilmente tra le migliori serie di sempre – è il modo in cui la frase di chiusura riesce a lasciarti interdetto, non solo riassumendo tutte le sensazioni che nel corso dell’episodio si viene spinti a provare, ma suscitando anche quella sottile ambiguità che ti terrà compagnia fino alla settimana successiva.
Come le parole di Kevin Sr. alla fine di Crazy Whitefella Thinking (“Hai solo preso il Kevin sbagliato”) o quelle di Matt Jamison in questa quinta puntata (“Quello è l’uomo di cui vi stavo parlando”).
Nella comica nonchalance con la quale Christopher Eccleson recita la sua battuta finale, c’è tutta l’amara ironia dietro a It’s a Matt, Matt, Matt, Matt World: un viaggio di follie, esuberanza e caos, ma anche introspezione e comprensione di se stessi, un viaggio al termine del quale Matt ritroverà quell’umiltà che aveva un po’ lasciato per strada dopo le vicende capitate a Kevin (quella storiella sulla doppia resurrezione e il sequel della Bibbia).
Matt, accompagnato da Laurie, John e Michael, viaggia verso l’Australia nel tentativo di recuperare Kevin e riportarlo a Jarden prima del 14 ottobre quando, trattandosi del settimo anniversario dell’Improvvisa Dipartita, secondo il nostro reverendo preferito succederà qualcosa di epocale. Ed è fondamentale, per Matt, che Kevin si trovi a Miracle quando questo qualcosa di epocale avverrà.
Una delle cose più interessanti di The Leftovers è il fatto che nessuno sa cosa accadrà il 14 ottobre, ma chiunque ha un’opinione al riguardo. Inoltre, la maggior parte di coloro che credono succederà qualcosa, è convinto di avere un ruolo straordinariamente importante in questo misterioso piano cosmico: Kevin Sr sa che arriverà il Diluvio Universale, e che spetta a lui fermarlo; Matt deve a tutti i costi riportare Kevin jr a Miracle; il tipo dell’aeroporto nella puntata scorsa doveva assolutamente recarsi in Antartide, ricordate?
In questo modo, lo spettatore non ha punti di riferimento certi, deve schierarsi, scegliere da che parte stare (seguire Kevin Sr o Matt?) oppure provare a fare le proprie congetture, e quando una serie ti coinvolge così tanto, allora è una serie che funziona.
It’s a Matt, Matt, Matt, Matt World fa esattamente l’opposto: trascinati nei panni di Matt siamo spaesati davanti al caos che incontriamo nel corso del nostro viaggio, al punto di iniziare a sentire la terra sbriciolarsi sotto i nostri piedi e a sentire che ogni convinzione ci viene sottratta.
Sarà un viaggio particolarmente irto di pericoli, quello di Matt, ma molto più esistenziale dei precedenti (mi riferisco agli episodi a lui dedicati, come Two Boats and a Helicopter nella prima stagione e No Room at the Inn nella seconda).
Il primo problema: in un sottomarino francese si è verificato un ammutinamento che ha portato al lancio di una testata nucleare contro un’isola britannica (“l’esplosione” di cui si parlava alla fine dello scorso episodio), dunque la maggior parte dei voli internazionali è stata cancellata.
Il secondo problema: arrivati in Australia, l’unico aeroporto disponibile si trova nell’Isola della Tasmania, e per arrivare a Melbourne bisogna imbarcarsi su un traghetto.
Il terzo problema: il viaggio in traghetto è della durata di undici ore, e i tempi per riportare Kevin in Texas entro il 14 si fanno sempre più stretti.
Il quarto problema: l’intero traghetto è stato affittato da un gruppo itinerante, una specie di setta che basa il proprio culto su un vecchio leone di nome Frasier.
Il quinto problema: a bordo del traghetto c’è un uomo (l’uomo che Kevin ha incontrato due volte nell’aldilà: sul ponte con Patti bambina e nella scena del karaoke) che afferma di essere Dio.
(Tra l’altro, un uomo seppellito in una grotta e resuscitato in Australia veniva menzionato durante la seconda stagione, al telegiornale).
La “trilogia di Matt Jaminson”, iniziata col terzo episodio della prima stagione, arriva quindi a conclusione, con il nostro eroe che finalmente avrà l’opportunità di confrontarsi con quel Dio al quale ha votato la sua intera esistenza.
Ma esiste davvero un Dio, nel mondo di The Leftovers? Perché la fedele sul tetto di paglia non ottenne risposta, in quelle notti di metà ottocento, e finì con l’essere ridicolizzata dal suo villaggio? Perché Grace è convinta di non interessare a Dio? Perché Matt, che ha passato la vita a diffondere la parola di Dio, adesso sta attraversando il suo periodo più nero?
Forse perché non c’è un perché, è la tesi di It’s a Matt, Matt, Matt, Matt World. E visto che non c’è un perché, allora è perfettamente logico che un gruppo di persone decida di vivere quelli che potrebbero essere gli ultimi giorni della Terra a fare sesso orgiastico su un traghetto invocando il loro Signore Frasier il Leone, o che un marinaio impazzito corra completamente nudo attraverso il sottomarino nel quale è dislocato e armi una testata nucleare per bombardare un obiettivo a caso.
Ma se Dio esistesse davvero? E se addirittura vivesse fra noi, ma volesse soltanto essere lasciato in pace? Se avesse fatto sparire il 2% della popolazione mondiale solo perché poteva farlo?
Non sarebbe ancora più terrificante?