Recensione – American Gods 1×03: “Head Full of Snow”

Pubblicato il 18 Maggio 2017 alle 15:00

“Oggi rapineremo una banca!”

Nel terzo episodio della serie tratta dal romanzo di Neil Gaiman, Shadow Moon inizia a credere nell’esistenza di un mondo che va al di là della sua logica; un mondo di illusioni, sogni e fantasie.

Un mondo nel quale il suo datore di lavoro, Mr. Wednesday, è sicuramente un pezzo grosso. Ma chi è Wednesday? E soprattutto, qual è il suo vero obiettivo?

Come sempre, anche questo episodio si apre con una digressione: il capitolo Da Qualche Parte in America ha rappresentato l’ingresso in scena di Anubi, dio dell’oltretomba appartenente alla mitologia egizia. Anubi era il dio dei cimiteri e protettore del regno dei morti, ed era colui che guidava le anime dei defunti dal regno dei vivi a quello dei morti.

In questo senso ho trovato particolarmente azzeccata e di buon gusto la scena trascendente sulla scala antincendio, e il modo in cui il dio canide è comparso nella sala da pranzo della vecchia signora musulmana non ha potuto non ricordarmi le apparizioni della dolcissima e simpatica Morte, uno dei personaggi migliori della serie capolavoro di Gaiman, Sandman. Molto ben riuscita anche la scena immediatamente successiva, quella della psicostasia: è la conferma che gli autori non considerano questi intermezzi come meri riempitivi, ma che anzi abbiano riposto la maggior cura possibile nella loro realizzazione per raccontarci in modo efficace e conciso le tante storie delle varie divinità dei pantheon più disparati.

In questo episodio sono state messe in scena due delle mie scene favorite del libro di Gaiman: quella sul tetto con Zorya Polunochnaya, la Stella di Mezzanotte, e quella della “rapina” in banca organizzata da Wednesday.

Le due scene sono narrativamente molto connesse fra loro: la prima, infatti, è servita come forza motrice per spingere Shadow verso quel tipo di cammino filosofico/spirituale che lo porterà a “credere” (inoltre è stata resa visivamente in modo impeccabile, nonostante la difficoltà di ricreare il trucchetto di “prendere la luna dal cielo”) mentre la seconda rappresenta il primo passo lungo quel cammino (inizia a fidarsi di questo strambo vecchietto dalla lingua lunga che sembra avere “un piano” per ogni cosa).

Il secondo intermezzo è dedicato tanto all’immigrazione quanto alla discriminazione omosessuale, e presenta una delle scene di sesso gay più esplicite mai mostrate in televisione: mentre Bilquis assorbe i suoi amanti traendone forza vitale, il Jinn (che lavora come tassista e non realizza desideri, come a dire che i musulmani negli Stati Uniti avranno sempre la strada sbarrata, al di là dei talenti di cui dispongono) entra (penetra) nei corpi dei suoi amanti, trasferendo in essi la propria coscienza.

Finora questo show sta facendo poche cose, ma quelle poche le sta facendo in maniera perfetta: in primo luogo, sta lentamente creando un mondo che è tanto immenso quanto visivamente appagante; in secondo luogo, ci sta fornendo tantissime sequenze forti, esplicite, tutte contestualizzate e pregne di significato, e per questo tutte volte all’interpretazione.

Come i sogni, o la memoria.

“La cosa migliore della memoria è che gira tutto intorno a ciò che ci dimentichiamo”, dice Shadow a Wednesday nel dialogo più bello della puntata. E Mr. W gli risponde: “Ci ricordiamo quello che è importante per noi”.

Ebbene, questa serie la ricorderemo per molto tempo.

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