Orfani: Sam 1 e 2 | Recensione
Pubblicato il 17 Maggio 2017 alle 15:00
Parte l’ultima stagione di una delle più rivoluzionarie serie targate SBE.
E così eccoci qua alla fine (?) di una corsa che per Sergio Bonelli Editore è stata una scommessa non indifferente ma che le ha aperto strade fino a quel momento non ancora battute, in termini editoriali e di pubblico, ovvero la sesta ed ultima stagione di Orfani sottotitolata Sam.
Il cliffhanger della precedente stagione, Nuovo Mondo, ci aveva lasciato con la morte di un importante personaggio e Sam, facendo un balzo in avanti di qualche anno, ci mostra proprio Nuovo Mondo sotto scacco degli indipendentisti guidati da Cesar che controllano le scorte energetiche provenienti dalla Luna. Intanto sul pianeta, il Governatore Garland e il generale Petrov hanno un piano per avere la meglio sui ribelli…
Dicevamo sesta stagione come sesta è la marcia con la quale il duo Recchioni/Monteleone parte offrendo le 200 pagine più adrenaliniche e dense di tutta la saga.
Nel primo numero, Nemesi, l’attenzione è tutta rivolta su Sam e sui figli di Jsana Juric dei quali capiamo subito il ruolo: sono loro infatti l’ago della bilancia della delicata situazione politica fra Nuovo Mondo e la Luna. Negli scambi fra Garland ed il Petrov non viene solo esplicato lo scenario finale della serie ma cresce quella tensione che sfocia poi nelle spettacolari sequenze d’azione che sono il cuore di questo primo numero sapientemente coreografate da un Carmine Di Giandomenico in stato di grazia.
Il secondo numero, Stella Cadente, invece ci porta sulla Luna per mostrarci l’altro “punta di vista” sulla situazione politica: Cesar ha temporeggiato il più possibile ma la morsa del Governo si sta facendo sempre più forte tanto da inviare Ringo sulla Luna per scoprire la posizione dei figli della Juric.
I due albi sono le facce di una stessa medaglia, Recchioni e la sua squadra di autori hanno costruito per 5 stagioni un mondo coerente e credibile ed ora si possono divertire con una prosa sfacciata, che sembra pagare un evidente dazio agli action movie, e dare libero sfogo a scene d’azione ad alto budget che non sono più “tagliate” per far posto agli “spiegoni”.
Ma attenzione perché Orfani: Sam è tutt’altro che una serie “statica” anzi è l’ultima metamorfosi di una creatura cangiante che nel corso delle sue incarnazioni si evoluta progressivamente e mai linearmente.
Da un lato lo sfondo politico delle vicende è ormai maturo con due personaggi come Petrov e Garland perfetti nell’incarnare quel “braccio di ferro” fra oligarchi, spettro che nella realtà disturba quotidianamente il sonno dei più idealisti, e dall’altro la dicotomia fortissima fra i due “protagonisti” Ringo ed il Corvo.
Ripresentandoceli qui da punti di vista inediti i due autori si esaltano rovesciandone i ruoli, mischiandoli il più delle volte, ma rendendoli estremamente simpatetici grazie ad una condotta morale “irreprensibile” come quella dei personaggi dei western di Peckinpah.
L’intento allora è palese cioè non fornire punti di riferimento al lettore anzi esortarlo a chiedersi “chi sono i buoni e chi i cattivi in questa storia?” – ed ecco l’ultima metamorfosi di Orfani cioè il filo rosso che legava idealmente tutte le serie, ovvero il tema della sopravvivenza, si dilata e diventa il tema del rapporto/scontro con l’altro con la deflagrazioni di temi come il terrorismo e la post-verità che vengono filtrati dalle luci al neon e dall’azione di una saga fantascientifica ma che sono tremendamente attuali.
Poco sopra accennavamo alla prestazione superlativa di Carmine Di Giandomenico alle matite del primo numero il quale struttura le tavole dell’albo quasi come quelle di un comic valorizzando le scene d’azione e giganteggiando con uno story-telling cinematografico ma non pacchiano anzi tirando il freno a mano quando serve e giocando con le luci e passando da impostazioni orizzontali a verticali quando l’azione cede il passo ai dialoghi.
Meno marziali ma non per questo meno efficace il trittico Di Nicuolo, Starace e Gianfelice che si occupa del secondo numero e pur prediligendo una impostazione più classica delle tavole gioca con la plasticità delle proprie matite per consegnarci personaggi che si “scontrano” fisicamente anche quando dialogano – Petrov che giganteggia su Garland per fare un esempio – e scene d’azione dal sapore videoludico per inquadrature e ritmo.