Recensione – Legion
Pubblicato il 31 Marzo 2017 alle 15:10
Si è conclusa la prima, mirabolante stagione della grande sorpresa targata Bryan Singer e Marvel Television.
Non conosco di persona mister David Lynch, forse il più grande regista surrealista dei nostri tempi. Però conosco il suo stile, la sua poetica e il suo pensiero, e sono pronto a scommettere che non solo non si è perso neanche una puntata di Legion, la serie nata dalla menta contorta di Noah Hawley basata sul comics targato firmato Marvel, ma che nel guardarla ha anche provato un certo appagamento sessuale.
Come di certo è capitato a tutti gli amanti del surrealismo.
C’è qualcosa di molto erotico che si muove lungo gli otto episodi della prima stagione di questo sorprendete show, qualcosa di caldo che striscia e si insinua e infetta il cervello, pianta il suo seme e cresce. Cresce a dismisura, di episodio in episodio, cresce e si trasforma e si evolve (come .
E’ senziente, questa roba. E’ spaventosa e raccapricciante, è intrigante, è sagace. E’ uno dei punti più alti mai raggiunti nella storia della televisione.
Il mondo complesso e affascinante creato da Hawley è un crescendo di temi e atmosfere, che già in partenza sono estremamente cupe, ma finiscono in chiave quasi horror. L’intricatissima sceneggiatura mescola le carte in continuazione, pescando sia dal mazzo del reale sia dal mazzo dell’irreale, e il presente viene miscelato coi ricordi, con le sensazioni, con le visioni.
Lo spettatore viene preso e gettato nei labirintici meandri della mente, dove verrà messo alla prova da una serie di idee visive sbalorditive (ho rivisto due volte ogni episodio e preso appunti su tutte le fantastiche trovate di Hawley e del suo team di registi, ma poi mi sono reso conto che avrei avuto bisogno di un articolo di cinque o sei pagine per parlarvene approfonditamente): la geometrica perfezione delle scenografie e il cromatismo espressionista della fotografia mette in risalto la magica fantasia che si cela dietro la quotidianità del nostro mondo.
C’è molto Kubrick nella simmetria delle inquadrature (l’ospedale psichiatrico, che ha un ruolo centrale nella storia, si chiama “Clockworks”) e tanto Lynch (impossibile non citarlo per qualsiasi regista surrealista di oggi) nelle assurde sequenze oniriche/visionarie. Ha qualche difetto, e spesso tende a spiegare troppo (i surrealisti non devono mai spiegare le loro opere) ma c’è talmente tanta fantasia che trasuda dalle sceneggiature, che anche gli spiegoni godono di una resa grafica soddisfacente (mi riferisco soprattutto alla sequenza delle lavagne nell’episodio sette).
Legion è disturbante, elettrizzante, caustico, magnetico, commovente, molto romantico (la storia d’amore fra David e Syd è davvero ben scritta), è un’esperienza di sensazioni, un trip di allucinogeni visivi sparato ad un ritmo da acid rock. E’ freschissimo, odora di novità, e nel panorama dei cinecomics (e/o telecomics) non troverete qualcosa che si avvicini neanche lontanamente a questa roba.
Né a livello registico, né a livello di sceneggiatura, né a livello di cast, non troppo blasonato ma comunque azzeccato e preciso. Di questo potete fidarvi.
Invece non potrete fidarvi di ciò che vedrete, perché quello che vedrete potrebbe non essere reale. Di reale c’è solo la qualità che troverete ad ogni nuovo episodio: di quella c’è da fidarsi eccome.