La Tartaruga Rossa: nessun uomo è un’isola, i simbolismi del film

Pubblicato il 20 Marzo 2017 alle 12:00

Un naufrago tenta di abbandonare l’isola deserta su cui è confinato a bordo di una zattera ma una grande Tartaruga Rossa lo respinge indietro. Dopo aver affrontato la testuggine, l’uomo assiste ad una metamorfosi che porta alla sua stessa trasformazione interiore. Il film di Michaël Dudok de Wit, co-prodotto da Studio Ghibli, candidato all’Oscar, vincitore del Premio speciale al Festival di Cannes 2016 e dell’Annie Award come Migliore Lungometraggio d’Animazione Indipendente, propone una parabola sulla condizione universale dell’umanità ricco di simbolismi e allegorie.

La tempesta che scaglia il protagonista sull’isola in modo traumatico e lo stretto cunicolo subacqueo che di lì a poco dovrà superare sono un rimando al parto, all’inizio del ciclo vitale.

Non a caso, inizialmente, il protagonista è vestito di un bianco primigenio e immacolato che diventerà, ovviamente, sempre più scuro e consunto con il passare del tempo, di pari passo con la maturazione del personaggio.

Gli abiti bianchi risaltano nella monocromia verde della foresta a suggerire un senso di alienazione esaltato dalla condizione solitaria del protagonista.

L’analisi introspettiva è lasciata alle sequenze oniriche, la prima delle quali esprime il naturale desiderio di sottrazione dalla propria condizione.

Unica compagnia “sensibile” alle vicissitudini del personaggio sono quattro granchi spazzini. Curiosamente, il numero ritorna nel quartetto d’archi che si palesa in un allucinato delirio, quasi come se i musicisti fossero la proiezione inconscia dei crostacei coi quali condividono la sintonia sincronica.

La Tartaruga Rossa, simbolo dell’universo che reca il colore della vita e dell’eros, respinge il protagonista sull’isola ponendolo di fronte alla propria condizione e spingendolo ad abbracciare la propria natura.

Il processo interiore affrontato dal naufrago passa per rabbia, senso di colpa, pietà e un atto d’amore che si manifesta nella donna coi capelli rossi. La lirica danza celeste segna la ritrovata armonia dell’uomo con l’universo.

Gattonando sulla spiaggia, il neonato figlio della coppia ingoia un granchio e lo sputa. Subito dopo, il crostaceo viene portato via da un uccello. Una sintesi perfetta e disincantata della differenza che passa tra il ciclo vitale degli uomini e degli animali.

Oggetto iconico fondamentale è la bottiglia che il bambino trova sulla battigia e tiene con sé.

La forma bombata del recipiente rimanda ancora alla circolarità ma sta soprattutto ad indicare come l’essere umano sia la singola parte di un tutto, una goccia nell’oceano.

In un riflesso di ciclicità temporale, anche il bambino deve affrontare la prova del “parto” nello stretto cunicolo subacqueo. Divenuto un adolescente, il suo rito di passaggio passa per un’altra tempesta e anche il suo percorso di crescita è propiziato da giovani tartarughe.

Il falò sulla spiaggia è stato motivo di discussione tra i realizzatori del film poiché il fuoco assume valenza differente a seconda della cultura di provenienza. Può essere un elemento di distruzione, di rinascita, purificazione o libertà. La sequenza onirica dello tsunami sottende al tumulto interiore che precede il distacco.

La dicotomia padre-figlio è espressa anche attraverso la sequenza sulla spiaggia di notte nella quale lo schermo è suddiviso in sezioni dai tronchi degli alberi. In primo piano, a destra, vediamo il padre. In secondo piano, a sinistra, il figlio che passeggia sulla battigia in procinto di intraprendere il suo percorso d’emancipazione.

Il film sarà disponibile nelle sale il 27, 28 e 29 Marzo 2017. All’indirizzo www.latartarugarossa.it è possibile prenotare il proprio biglietto al cinema.

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