Radiant 1 di Tony Valente [VIDEO RECENSIONE]

Pubblicato il 18 Marzo 2017 alle 12:00

Arriva in Italia, grazie ai volenterosi tipi di Mangasenpai, Radiant l’euromanga di Tony Valente vero e proprio fenomeno editoriale che nato in Francia alla fine del 2013 è stato esportato con successo in Spagna, Germania e persino Giappone dove ha goduto di uno “sponsor” d’eccezione ovvero Yusuke Murata autore di Eyeshield 21 e soprattutto di One Punch Man.

Seth è un aspirante mago, un apprendista. Come tutti i maghi, anche lui è un “infetto”, cioè un essere che è riuscito a sopravvivere al contatto con un Nemesis, delle misteriose creature che piovono dal cielo e portano distruzione e morte. La sua apparente immunità al tocco dei Nemesis, gli ha fatto comprendere che il suo destino era ormai segnato: il suo obiettivo è scoprire la tana dei Nemesis, il Radiant, il luogo nel cielo da cui provengono, e debellarne per sempre la minaccia.

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Arriva in Italia, grazie ai volenterosi tipi di Mangasenpai, Radiant l’euromanga di Tony Valente vero e proprio fenomeno editoriale che nato in Francia alla fine del 2013 è stato esportato con successo in Spagna, Germania e persino Giappone dove ha goduto di uno “sponsor” d’eccezione ovvero Yusuke Murata autore di Eyeshield 21 e soprattutto di One Punch Man.

Seth è un aspirante mago, un apprendista. Come tutti i maghi, anche lui è un “infetto”, cioè un essere che è riuscito a sopravvivere al contatto con un Nemesis, delle misteriose creature che piovono dal cielo e portano distruzione e morte. La sua apparente immunità al tocco dei Nemesis, gli ha fatto comprendere che il suo destino era ormai segnato: il suo obiettivo è scoprire la tana dei Nemesis, il Radiant, il luogo nel cielo da cui provengono, e debellarne per sempre la minaccia.

Partendo dalla più classica delle premesse per uno shonen a sfondo fantasy l’autore fornisce una prospettiva inedita alla definizione di euromanga soprattutto se prendiamo in considerazione due aspetti di questo primo volume.

Il primo è lo scontro fra Seth ed il Nemesis che evidenzia la volontà da parte di Valente di creare un protagonista atipico la cui caratteristica principale sembrerebbe più quella di aguzzare l’ingegno piuttosto che la forza bruta o le abilità nel manipolare nella magia. Questo fa sì che il “combattimento” sia più “realistico” tanto nello svolgimento che ne nelle conseguenze che la cittadina, sfondo dello scontro, dovrà affrontare non solo facendo i conti con la distruzione causata dalla creatura ma anche con lo smaltimento stesso dei resti della creatura – problema che segna la svolta della parte finale del volume.

Questa svolta è proprio il secondo aspetto da analizzare: Valente infatti sembra volersi discostare dalla struttura classica dello shonen “di combattimento” – cioè non vuole realizzare una galleria di nemici da far “sfilare” e strapazzare all’eroe protagonista – e per questo attinge da un franchise non fumettistico bensì cinematografico e soprattutto occidentalissimo ovvero Harry Potter.

Questi due aspetti poi convergono nella volontà di non fornire, dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi secondari, punti di riferimento al lettore che quindi si ritrova proiettato in un mondo moralmente ambiguo in cui tutti i personaggi sembrano muoversi in quella sottile zona d’ombra che separa interessi personali e bene comune.

Tenendo ben presente gli stilemi del genere shonen – il percorso di crescita del protagonista ma anche la sua “diversità” rispetto agli altri apprendisti – l’autore amalgama svariate suggestioni sia nel disegno che nel plot: il character design dei Nemesis ad esempio è un chiaro rimando agli Angeli di Evangelion, il mondo magico pensato in maniera così articolata è poi un chiaro rimando ai grandi universi fantasy letterari e videoludici.

Se il plot è ben strutturato oltre che ben ritmato, Valente pecca forse nel bilanciare i dialoghi propendendo spesso per un umorismo fine a sé stesso e le cui scene paiono a volte forzate.

Diverso il discorso sui disegni: il tratto è maturo ed ostenta sicurezza mostrando sì l’influenza di sensei del calibro di Oda e Kubo ma fondendo il tutto con una costruzione della tavola e con l’utilizzo di inquadrature spesso grandangolari e cinematografiche di chiaro stampo occidentale.

 

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