Il Piano Orientale: tra Parigi e Beirut [Recensione]
Pubblicato il 2 Marzo 2017 alle 10:00
Zeina Abirached racconta in modo poetico, attraverso pattern decorativi e lunghe didascalie narrative, il modo in cui due diversi personaggi vivono il loro rapporto con l’Oriente e l’Occidente: tra musica, bilinguismo, cambiamenti e difficoltà.
Il successo di Marjane Satrapi e del suo Persepolis ha contribuito al diffondersi di diverse graphic novel autobiografiche, con una certa attenzione per il bianco e nero netto e, soprattutto, per il difficile rapporto tra il mondo orientale (soprattutto del Medioriente) e occidentale. Anche Il Piano Orientale, della libanese e francese Zeina Abirached, rientra in questo “filone”.
Tuttavia, le differenze con Persepolis sono evidenti fin da subito: la graphic novel di Abirached, infatti, non si concentra esclusivamente sulla propria esperienza ma coinvolge anche un altro personaggio, ispirato alla vita del pianista Abdallah Chahine.
Inoltre, anche se più volte citata, la guerra civile del Libano e la delicata situazione di questo Paese vengono solamente sfiorate: come se l’autrice volesse evidenziare i punti di contatto tra la cultura occidentale e orientale al di là dell’epoca in cui vivono i personaggi.
I due protagonisti di Il Piano Orientale sono Abdallah Kamaja, pianista e inventore di un pianoforte in grado di riprodurre sia la musica occidentale (la cui nota più corta è il mezzo tono) e orientale (che, invece, si basa sul quarto di tono), e la stessa Zeina, che racconta la sua esperienza in Libano e a Parigi, città dove decide di studiare.
Le due storie vengono raccontate in modo parallelo e sono ambientate in periodi diversi: Abdallah lo troviamo per la prima volta a Beirut, nel 1959, mentre invece il lettore accompagnerà Zeina nel suo viaggio dalla capitale libanese a Parigi a partire dal 2004.
Le due vicende sono nettamente separate e, allo stesso tempo, hanno numerose similitudini: entrambi i personaggi si ritrovano a viaggiare in Europa (Abdallah sogna di trionfare a Vienna con la sua invenzione) e sempre entrambi si sforzano di cercare dei punti di contatto tra le due diverse culture.
Questa riflessione avviene attraverso due tematiche che “coinvolgono” soprattutto l’udito: la musica, per quanto riguarda Abdallah, e il bilinguismo, che invece interessa Zeina. Le riflessioni dei due personaggi, volti a risolvere un problema “pratico” (il connubio tra musica occidentale e orientale; la padronanza dell’arabo e del francese), mirano a trovare un equilibro interiore sicuramente non di facile raggiungimento.
A raccontare questo viaggio, sia esteriore che interiore, sono lunghe didascalie e disegni bidimensionali, piatti, che narrano e allo stesso tempo ornano la pagina con composizioni a tavola intera, elementi decorativi e pattern floreali e geometrici.
Non sempre le scelte compositive si sposano al meglio con quello che dovrebbe essere il ritmo del racconto e in alcuni casi rimangono fini a se stesse, ma rendono comunque piacevole una lettura che, anche se non significativa, rimane comunque gradevole.