Recensione: Dylan Dog n. 300 di Pasquale Ruju e Angelo Stano
Pubblicato il 31 Agosto 2011 alle 11:50
Gli albi celebrativi della saga di Dylan Dog sono sempre stati croce e delizia per gli sceneggiatori della testata, tra la delicata gestione e lo sviluppo del personaggio più autoriale di casa Bonelli e le aspettative elevate di un pubblico esigente.
Dylan Dog n. 300 – Ritratto di famiglia
Autori: Pasquale Ruju (testi), Angelo Stano (disegni), Studio Rudoni (colori).
Casa Editrice: Sergio Bonelli Editore
Provenienza: Italia.
Prezzo: € 2,70.
In un’intervista rilasciata qualche anno fa su Sky, Tiziano Sclavi, creatore dell’indagatore dell’incubo, ha dichiarato le proprie perplessità circa la storia delle origini del suo personaggio affermando che avrebbe preferito lasciarlo avvolto dal mistero. La saga ha inizio proprio sul primo numero della serie, L’alba dei morti viventi, uscito nell’ottobre dell’ormai lontano ’86. Una storia tutto sommato semplice che vedeva Dylan affrontare gli zombi del dr. Xabaras, nemesi principale dell’eroe. Come molti ricorderanno, quel primo albo non andò bene e la serie decollò invece con il secondo numero, Jack lo squartatore.
Il percorso più intimo di Dylan Dog proseguì nel numero 25, Morgana, e nel numero 43, Storia di Nessuno, due pietre miliari della serie che vengono ricordati non tanto per lo sviluppo della trama, che in fin dei conti presentava un colpo di scena abbastanza banale nel rivelare Xabaras come padre di Dylan, quanto piuttosto per la natura surreal-onirica-metafisica delle due storie. Sempre nell’intervista di cui sopra, Sclavi ha dichiarato: “Sono storie pazzesche. Alla Joyce. Le rileggo oggi e non ci capisco niente.”
Morgana rappresentava un raro caso di metafumetto, ovvero un fumetto nel fumetto, mentre Storia di Nessuno giocava con gli universi paralleli offrendoci uno Xabaras psicanalista molto più affascinante ed intrigante rispetto al banale scienziato pazzo. Nel n. 100, Sclavi è stato praticamente costretto dall’insistenza dei lettori a raccontare le origini di Dylan in una storia fantasy che ha rivelato delle verità abbastanza scontate: il personaggio è nato nel ‘600, Xabaras è la metà oscura di suo padre e Morgana è sua madre. “Finché morte non vi separi”, albo che celebrava il decennale, raccontava invece la tormentata storia d’amore tra Dylan, bobby di Scotland Yard, e Lillie, guerrigliera dell’IRA.
Con il progressivo allontanamento di Sclavi dalla sua creatura, il testimone è passato a Paola Barbato, la più brava nello staff degli sceneggiatori a decodificare la psicologia del personaggio, che ha continuato svelarci il passato di Dylan nel numero 200, mostrandoci gli inizi come indagatore dell’incubo, il suo alcolismo e le radici del rapporto con l’ispettore Bloch. Nei due albi del ventennale, Xabaras e In nome del padre, la Barbato ha invece proseguito la trama nel presente, evolvendo il rapporto tra Xabaras e Dylan e gettando nella mischia due personaggi amatissimi della serie, la strega Kim e il gatto Cagliostro.
Ed approdiamo finalmente a questo numero 300 che festeggia anche il venticinquennale della testata. Ai testi troviamo stavolta Pasquale Ruju, il più prolifico tra gli sceneggiatori della serie, che realizza qui una storia abbastanza controversa. Non si tratta infatti né di un nuovo tassello dei trascorsi di Dylan, né di un episodio che evolve l’epopea nella continuity attuale. Ci troviamo di fronte, più che altro, ad un tributo alla narrativa di Sclavi. Se il papà di Dylan Dog può chiaramente permettersi di gestire il personaggio come meglio crede, gli altri sceneggiatori, privi di quell’approccio autoriale, si sono sempre limitati, tranne qualche sporadica eccezione, a storie di maniera che hanno portato al ristagno qualitativo della serie, seppure a fasi alterne.
E Ruju, che pure ha sempre scritto racconti abbastanza convenzionali per l’indagatore dell’incubo, qui ricorre invece a quella narrativa surreale ed onirica di cui sopra, che ha caratterizzato le più celebri storie di Sclavi. Il pericolo è naturalmente quello di risultare solo una pallida imitazione dell’originale, una sgradevole sensazione che emerge inevitabilmente durante la lettura di questo Ritratto di famiglia. Ma il vero problema è che la storia è tutto un nostalgico revival fine a se stesso e che non presenta nulla di davvero fondamentale.
Lo sceneggiatore ricorre alla metafisica, sogni, universi paralleli come pretesto per riunire i personaggi di quei quattro episodi fondamentali scritti da Sclavi. Purtroppo la parte ambientata nel ‘600 continua a risultare stiracchiata. Il padre di Dylan, nella sua identità benevola è poco interessante. La Morgana del presente, un po’ svampita e confusa è molto più adorabile della sua incarnazione seicentesca, romantica e stucchevole. I retroscena familiari qui svelati sembrano scene tagliate da un film per la loro inutilità e ripresentate poi nei contenuti speciali dell’edizione home-video.
L’omaggio a L’alba dei morti viventi è rappresentato dal ritorno in scena di Sybil Browning, prima storica cliente di Dylan che qui non ha un vero ruolo e, del resto, rimaneva abbastanza inerte anche in quel primo albo nel quale accompagnava il protagonista nella sua avventura ma non faceva nulla di fondamentale se non fuggire ed urlare di fronte agli zombi. Non certo un’eroina femminile rimasta nel cuore dei lettori come la prostituta Bree Daniels, l’amore giovanile Marina Kimball, o le sopracitate Kim e Lillie. C’è spazio anche per il Signor Nessuno, per la Morte e la Vita e per il gatto Cagliostro ma sono tutte apparizioni prive di un vero collegamento e sono lì solo per la pura commemorazione. Una commemorazione legittima, intendiamoci, ma fine a se stessa.
Se la storia risulta quindi un mero esercizio di stile che, peraltro, non è lo stile di Ruju, e scade in un insensato hellzapoppin senza capo né coda, può suscitare comunque un senso di nostalgia che potrà forse risultare suggestivo per i fans di vecchia data. Il prezzo di copertina lo valgono i disegni di Angelo Stano che torna ad autoritrarsi in Crandall Reed, il fumettista già apparso in Morgana. Copertinista abituale della serie, Stano supera se stesso ad ogni prova ed è probabilmante il miglior disegnatore italiano attuale denotando la consueta cura certosina per ogni singola vignetta. É tutto assolutamente perfetto, dall’espressività delle fisionomie e dalla profondità degli sguardi nei primi piani alle spettacolari vignettone paesaggistiche. Il tutto illuminato con grande perizia dai colori dello studio Rudoni.
Il traguardo dei 25 anni rappresenta certamente una tappa importante per Dylan Dog, un pezzo di storia del fumetto italiano che prosegue senza sosta vantando anche cinque albi fuori serie, di cui due diventati semestrali da quest’anno. Ma il numero 300 è emblematico per la situazione attuale della testata. Seppure incorniciato da una resa grafica eccellente, denota infatti incertezza nell’avventurarsi verso nuovi concetti, come se gli sceneggiatori della serie si sentissero in questo momento costretti, magari per timore reverenziale, a procedere con il freno a mano tirato.