Recensione: Dylan Dog 300
Pubblicato il 29 Agosto 2011 alle 10:22
L’indagatore dell’incubo raggiunge i 300 numeri, e per festeggiare questo ragguardevole traguardo, MangaForever vi proporrà una serie di recensioni di Dylan Dog 300. La prima è a cura di Bruno Ugioli
Dylan Dog 300
Autori: Pasquale Ruju (testi), Angelo Stano (disegni)
Casa Editrice: Sergio Bonelli Editore
Provenienza: ITALIA
Prezzo: € 2,70; 94 pp., col.
Dylan Dog ne ha fatta di strada, a bordo del suo maggiolone malandato, da quell’Alba dei morti viventi del 1986, e alla fine è arrivato anche lui al traguardo degli storici fumetti Bonelli (Tex, Zagor, Martin Mystère). È riuscito a sopravvivere a tutti gli incubi affrontati nel corso di 299 numeri (senza contare Speciali, Color Fest e Almanacchi), e persino ad una sua trasposizione hollywoodiana snaturata e di dubbio gusto, per giungere al trecentesimo mese di vita riuscendo a mantenere ancora qualche segreto ai suoi lettori.
Segreti ai quali Pasquale Ruju attinge, e su cui si basa, per costruire l’intreccio di questo bizzarro Ritratto di famiglia, atipico quanto il nucleo famigliare stesso che si trova a descrivere. Mamma Morgana, papà Abaxaras e il piccolo Dylan nella Londra del 1686, per spostarci poi al presente e al futuro. Lo sceneggiatore (in un momento d’oro fra il suo Cassidy e le ottime storie di Tex) miscela i piani temporali con abilità, optando per una serie di giochi di specchi ed un’atmosfera di sospensione fra sogno e veglia. Attinge alle avventure storiche di Dylan, le amalgama, e svela nuovi particolari di continuity dimostrando grande conoscenza e padronanza del personaggio. A dire il vero, nel fare ciò, perde un po’ di vista il lettore occasionale, ma in fondo queste storie a due zeri, sono giustamente dedicate al lettore affezionato. Lo stesso Dylan “classico” rimane un po’ sacrificato nello svolgersi della trama dedicata a Morgana, ma Ruju escogita un altro modo di celebrarlo, andando a fondo nella sua natura. Ovvero il fatto di essere un personaggio a fumetti, che nasce e vive sulla carta, dalla mente e dalle mani dei suoi creatori. Nei virtuosismi narrativi di questa parte, del fumetto nel fumetto, l’omaggio a Dylan si estende fino a comprendere l’intero mondo dell’arte sequenziale, di cui l’indagatore dell’incubo è ormai ambasciatore nel mondo.
La parte grafica di Angelo Stano è poi decisiva per la bellezza dell’albo. Il disegnatore storico del personaggio offre qui la sua versione ufficiale, rafforzata dai buoni colori dello Studio Rudoni, capaci di entrare nelle chine senza sopraffarle. Ruju offre spesso e volentieri vignette ariose e campi lunghi (nonché un paio splash page, cosa non comune nella scansione bonelliana) alla mano di Stano, che ha la possibilità di illustrare splendidamente la vecchia Londra, così come quella presente e quella devastata del futuro, nonché Undead (paesino limitrofe di Iverness) con toni quasi da espressionismo tedesco. Le sue figure legnose vengono immerse in paesaggi ricchi di particolari, e riprese in inquadrature mai banali, riuscendo inoltre a rendere efficaci anche le sequenze oniriche. Il colore ha finalmente la possibilità di venire usato in modo efficace, soprattutto nelle scene metafumettistiche, dove separa la pagina dall’autore.
Un buon risultato dunque complessivamente, una storia che strizza l’occhio ai lettori più fedeli e che per una volta non teme di lasciare spazio alle emozioni, magari a discapito dell’avventura. Complimenti a Ruju e Stano (già solo per la filosofica sequenza di dialogo fra la Vita e la Morte) per aver sfruttato bene l’occasione di questo importante traguardo, sospendendo l’azione per farci assaporare il momento.
E dal mese prossimo, si ricomincia con l’orrore. È questo il bello del fumetto.